Art. 18, Romaniello: per evitare abusi c’è solo il reintegro

Per il capogruppo di Sel in Consiglio regionale la sentenza dei giudici di Potenza sul licenziamento dei tre operai della Fiat – Sata “è una lezione per quanti si attardano a difendere la proposta del Governo Monti sull’articolo 18”

“La motivazione della sentenza dei giudici di Potenza che rigetta la tesi della Fiat sul licenziamento di Barozzino, Lamorte e Pignatelli, i tre operai della Fiat di Melfi, è la riprova (questa volta giuridica) che per evitare gli abusi nei licenziamenti c'è solo uno strumento da prevedere: il reintegro”. E’ il commento del capogruppo di Sel in Consiglio regionale Giannino Romaniello.

“Le parole dei magistrati – continua – sono sufficienti a spiegare l’arrogante comportamento della Fiat perché i licenziamenti rappresentano, come è scritto nel dispositivo della sentenza, ‘nulla più che misure adottate per liberarsi di sindacalisti che avevano assunto posizioni di forte antagonismo, con conseguente immediato pregiudizio per l'azione e la libertà sindacale’. Credo che la sentenza sia una lezione per quanti, anche tra illustri giurislavoristi, si attardano a difendere la proposta del Governo Monti sull’articolo 18. In ogni caso le iniziative di protesta e mobilitazione che sono già partite in questi giorni, in tanti casi spontanee e spesso anche unitarie, rendono molto chiaro ed evidente il pensiero del mondo del lavoro di fronte a tutto il Paese, di cui il Parlamento non può non tenerne conto. E’ sin troppo evidente che con la proposta sul mercato del lavoro oltre ad aprire la strada ai licenziamenti facili, si intende modificare il sistema delle relazioni industriali mettendo in discussione il ruolo dei corpi intermedi della società, parti fondamentali di quella Costituzione materiale che ha affiancato la Costituzione ‘formale’ ed ha permesso al Paese di superare crisi ben più significative. Non solo la beffa dell’art. 18. Con la riforma, il governo annuncia che il lavoro precario costerà di più. La proposta prevede un maggiore carico contributivo per i contratti a termine e a progetto. Ovvero l’aumento per quei tipi di contratto del cosiddetto cuneo fiscale, cioè il differenziale tra il netto percepito dal lavoratore e il costo azienda. Ma senza salario minimo questo è un trucco. Le aziende infatti caricheranno sui lavoratori l’aumento di costo, riducendo il compenso netto in busta paga”.

“La sinistra forse mai come ora – conclude Romaniello – ha il dovere di interrogarsi sul suo ruolo e la sua capacità di costruzione di un nuovo progetto di società (un’altra idea di sviluppo) capace di tenere insieme i diritti, la difesa dell’ambiente, un modello di welfare inclusivo con le nuove dinamiche dello sviluppo”.

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