“La presenza di branchi di lupi sta scoraggiando in molte aree l’attività di allevamento- ha affermato il Presidente della Coldiretti di Basilicata Piergiorgio Quarto – che, oltre ad essere una risorsa fondamentale per l’economia montana, rappresenta anche un modo per valorizzare il territorio e le tradizioni culturali che lo caratterizzano”. La presenza di animali selvatici, dai lupi ai cinghiali, sta mettendo a rischio la presenza e il lavoro dell’uomo in molte aree interne della Basilicata, e si moltiplicano le segnalazioni di attacchi a greggi e mandrie al pascolo.
Agli animali uccisi si aggiungono i danni indotti dallo spavento e dallo stato di stress provocato dagli assalti, con ridotta produzione di latte e aborti negli animali sopravvissuti.
“Non è infatti più possibile – continua la nota della Coldiretti Basilicata – lasciare gli animali allo stato brado, rendendosi necessario un continuo lavoro di vigilanza su greggi e mandrie, al fine di proteggerle da attacchi di lupi e cani randagi poiché recinzioni e cani da pastori spesso non sono sufficienti per scongiurare il pericolo. Occorre lavorare sulla prevenzione concedendo aiuti per la realizzazione di opere di protezione, quali ad esempio la costruzione/ristrutturazione delle stalle, i sistemi fotografici di allarme e la costruzione di recinti per la permanenza notturna degli animali. Ma è anche necessario rivedere il sistema di accertamento e risarcimento dei danni affinché oltre a garantire un completo reintegro della perdita di reddito per l’agricoltore siano coperti non solo i danni da lupo, ma anche quelli causati da cani inselvatichiti nonché quelli indiretti per aborti e cali di produzione; prevedere un sistema di misure di prevenzione dei danni incentivando le imprese agricole con un adeguato regime di sostegno; costituire delle ronde con volontari che collaborino con i pastori e gli allevatori nella sorveglianza; un maggior impegno nella lotta al randagismo”.
“Si rende indispensabile – ha concluso Quarto – trovare un giusto equilibrio perché questa convivenza forzata tra l’animale, specie protetta dalla normativa europea, e l’uomo non porti all’abbandono dell’attività di allevamento. Non sarebbero solo gli allevatori a perderci, ma l’intera comunità, in quanto i pastori, con il loro lavoro, conservano e valorizzano la montagna e le sue tradizioni”.
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