Agcom, Lamorte: deleghe monitoraggio e tutela dei minori

La Presidente del Comitato regionale per le comunicazioni, nel ricordare Charlie Hebdo, pone l’accento sul fatto che: “Il problema che si pone è il modo in cui rendere consapevoli i bambini di quanto sta accadendo e dell'allarme che si genera”

&ldquo;Ad un anno dall&#39;attentato terroristico alla sede di Charlie Hebdo, si continua a temere e vivere nella paura e, tra gli altri, il problema che si pone &egrave; il modo in cui rendere consapevoli i bambini di quanto sta accadendo e dell&#39;allarme che si genera, anche e soprattutto alla luce delle due fondamentali deleghe Agcom quali il monitoraggio e la tutela dei minori&rdquo;. A specificarlo la presidente del Corecom, Giuditta Lamorte.<br /><br />&ldquo;L&#39;attenzione &egrave; alta &ndash; sottolinea Giuditta Lamorte – non solo per quanto riguarda l&#39;argomento in s&eacute;, ma anche perch&eacute; ad ascoltare le notizie di attentati terroristici ci sono oltre agli adulti, anche i bambini o pi&ugrave; tecnicamente i minorenni e volendo enfatizzare il valore della persona, le persone di minore et&agrave;. Al cospetto della notizia, che spesso non si limita a raccontare i fatti, ma li interpreta e ancor pi&ugrave; al cospetto dei nuovi media, dove la notizia ancor pi&ugrave; che esser &lsquo;verofoba&rsquo; diventa &lsquo;emozionale&rsquo; ci si chiede quale debba essere l&#39;atteggiamento degli adulti difronte ai bambini. Vero &egrave; che il fatto non pu&ograve; essere nascosto, n&eacute; si pu&ograve; &lsquo;risparmiare&rsquo; ai ragazzi il reale drammatico, ma neanche &egrave; opportuno non tenere in alcun modo conto dell&#39;et&agrave; del minorenne&rdquo;.<br /><br />&ldquo;La reazione di un bambino &ndash; sostiene la Presidente del Corecom – rispetto ad una notizia drammatica, come quella di un attentato terroristico varia a seconda dell&#39;et&agrave; del bambino stesso, per cui l&#39;attenzione che l&#39;adulto deve porre, &egrave; quella di trattare situazioni diverse in maniera diversa, al bambino di cinque anni non si potr&agrave; parlare di bombardamenti, ma quel bambino avr&agrave; bisogno di rassicurazione rispetto alla notizia ascoltata; il bambino tra 6 e 11 anni dovr&agrave; comprendere che esiste una situazione di pericolo e di divisione tra posizioni diverse; l&#39;adolescente dovr&agrave; apprendere e comprendere senza filtri, dovr&agrave; essere invogliato e accompagnato a documentarsi, in qualunque caso bisogner&agrave; evitare di terrorizzare il bambino&rdquo;.<br /><br />&ldquo;L&#39;informazione &ndash; afferma Giuditta Lamorte – dovr&agrave; essere sorretta da una comunicazione che tenga conto della persona e che consideri i bambini come protagonisti e non come meri soggetti passivi della notizia e questa osmosi tra informazione e corretta comunicazione &egrave; rimessa alla responsabilit&agrave; degli adulti in genere, ma dei giornalisti e dei genitori nello specifico. Il capovolgimento cognitivo che si auspica nel rapporto tra informazione/comunicazione/bambini &egrave; lo stesso capovolgimento che viene auspicato dalla Carta di Treviso e dalla Convenzione Onu del 1989 sui diritti dei bambino ed &egrave; pi&ugrave; semplicemente il diritto di ogni bambino a veder garantito il proprio diritto alla educazione&nbsp; e a una adeguata crescita umana, d&#39;altro canto il rapporto fra informazione/comunicazione/bambini &egrave; ben rappresentato dalle parole estratte da una poesia molto bella, per anni ritenuta anonima, di Dorothy Nolte, intitolata I bambini imparano quel che vivono: &lsquo;Se i bambini vivono nell&rsquo;ostilit&agrave;, imparano ad aggredire… Se vivono nella tolleranza, imparano a essere pazienti&rsquo;&rdquo;.<br />

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