E’ stato costituito a Potenza il comitato “Civici e riformatori per il No” contro la modifica della Costituzione italiana e della legge elettorale. Il comitato, coordinato da Fabio Dapoto, riunisce persone provenienti da esperienze politiche diverse ed esponenti della società civile.
“Anche il Comitato di Potenza nasce perché siamo convinti che sia necessaria una riforma, ma non certo quella proposta dal Presidente del Consiglio – commenta Dapoto -. Portiamo avanti la nostra idea, il nostro no che è di proposta, non solo di protesta. Non a caso lo slogan scelto è “Il No che serve”.
La crisi della democrazia italiana impone una riforma del funzionamento dello Stato e delle sue istituzioni. Ma una riforma cattiva e lacerante può aggravare questa crisi e, presentata dalla narrazione dominante come una riforma decisiva, rischia di buttare a mare la possibilità di rinnovare veramente il nostro sistema politico. Insomma – dice Dapoto – una riforma sbagliata spacciata come risolutiva produrrà nuovi problemi e porrà una pesante ipoteca sulla possibilità di affrontarli seriamente. Siamo convinti – aggiunge il coordinatore del Comitato – che l’Italia potrà vivere una nuova e più felice stagione solo se saprà avviare un profondo e condiviso rinnovamento istituzionale. Tuttavia una legge di riforma sbagliata nel metodo e nel merito, come quella che sarà sottoposta a referendum in autunno, non può esserne la base. Per questo è necessario mettere in cantiere fin da subito un programma riformista realmente efficace e ancor più ambizioso, orientato alla effettiva ricerca di soluzioni, piuttosto che alla mera legittimazione di un potere contingente.
Le proposte:
Prevedere un numero potenzialmente abnorme di procedimenti legislativi alternativi, in alcuni casi con un preoccupante livello di indefinitezza, rischia di aggrovigliare ciò che si intendeva semplificare e far rientrare dalla finestra il contenzioso che ci si illude di cacciare dalla porta.
Pensare a un Senato in cui siano centrali le Regioni, senza peraltro definire in che modo si realizza questa rappresentanza, mentre al tempo stesso delle Regioni è depotenziato il significato a prescindere da una seria riflessione sui motivi della loro attuale inefficacia, appare schizofrenico.
Infine, l’accoppiamento di una legge elettorale come l’Italicum con una riforma costituzionale che vorrebbe risolvere il problema del buon governo di società complesse con soluzioni superficiali e pasticciate, pone il problema sia della rappresentatività sia dei limiti e dei contrappesi al potere di chi è chiamato a governare.
Pagare questo prezzo, peraltro, non servirebbe nemmeno a favorire una tendenza verso un fisiologico sistema di alternanza: è anzi lecito attendersi che un partito poco rappresentativo, ma con il potere di governo, circondato da opposizioni frammentate sarà il protagonista di fenomeni di trasformismo analoghi a quelli che stanno segnando questa legislatura. Fenomeni che potranno essere aggravati se il disinvolto uso del potere al quale stiamo assistendo – come mostrano la gestione dell’informazione e i metodi utilizzati per le nomine pubbliche già oggi – dovesse divenire la regola.
Per tutte queste ragioni non si può che votare “NO” al referendum costituzionale di ottobre.
Il cambiamento – conclude Dapoto – può produrre gli effetti sperati solo se è orientato a obiettivi chiari e perseguito attraverso strade ragionevoli, scelte sulla base di ampie conoscenze, di esperienze già realizzate, di un’approfondita valutazione dei rapporti causa-effetto.
Il cambiamento come mera messa in scena può al contrario aprire prospettive imprevedibili e pericolose che l’Italia e gli italiani non meritano.
bas04