A Matera la mostra di Giovanni Brenna “Florilegium”

Dal 9 al 24 luglio 2025 a Palazzo Malvinni-Malvezzi l’esposizione, curata dalla storica dell’arte Milena Ferrandina, che offre uno sguardo completo e insieme profondamente poetico sull’artista di Rionero in Vulture, figura appartata, coerente e intensamente contemporanea

La locandina della mostra

“Florilegium”, dal latino floris «fiore» e legĕre «cogliere», calco del greco anthologia, indica la raccolta scelta di elementi rari e preziosi, i “fiori” di un giardino più ampio. È questo il titolo, che dà nome alla mostra antologica dedicata a Giovanni Brenna, artista di Rionero in Vulture, in programma dal 9 al 24 luglio 2025 presso le prestigiose Scuderie di Palazzo Malvinni-Malvezzi a Matera, curata dalla storica dell’arte Milena Ferrandina. Non è una semplice retrospettiva, ma una selezione meditata di opere-simbolo, pensata per restituire al pubblico l’essenza di un artista che, in oltre cinque decenni di attività, ha saputo coniugare pittura, impegno, pensiero, emozione e memoria. La mostra, che si apre mercoledì 9 luglio alle ore 18:00 con un evento inaugurale, rappresenta un momento di alto profilo per la scena culturale lucana offrendo uno sguardo completo e insieme profondamente poetico su una figura appartata, coerente e intensamente contemporanea.

Giovanni Brenna, classe 1948, ha attraversato e restituito con la forza della pittura e del disegno le fratture, i conflitti e le contraddizioni del secondo Novecento e dei primi decenni del XXI secolo. La sua formazione si radica nella Basilicata rurale del dopoguerra, si arricchisce a Milano – dove intrattiene un rapporto di dialogo e stima con figure come Ernesto Treccani – e si compie a Torino, città in cui si trasferisce stabilmente nel 1974, entrando in contatto con le correnti più vive e combattive della sinistra artistica e intellettuale dell’epoca. Pur condividendo il clima di impegno civile e tensione morale di quel contesto, Brenna ha sempre scelto una posizione autonoma e di confine: fedele alla figurazione, alla narrazione pittorica, alla rappresentazione della condizione umana nella sua dignità irriducibile, anche quando più dolente, marginale o ferita.

Nel suo percorso si rintraccia con chiarezza la lezione del realismo sociale, ma anche la sua trasfigurazione. Brenna non dipinge mai “per illustrare” o “per compiacere”, ma per resistere, denunciare, restare umano. La mostra raccoglie oltre 40 opere disposte secondo un criterio cronologico, tematico ed evocativo. Ogni opera è un frammento, un “fiore” raccolto, che rimanda a un momento della vita, della società, della storia. Ne fanno parte capolavori come: “La luna di Kiev”, toccante riflessione sulla guerra e sull’innocenza ferita, dipinta nel 2022 come reazione intima e politica all’invasione dell’Ucraina; “Morto tra i morti”, dove la celebre immagine del Cristo morto di Mantegna si fa archetipo moderno, contornata da cadaveri, soldati, madri, figure del dolore collettivo; “L’ultimo papavero”, “L’ulivo rosso”, “La luna e il sole”, in cui la natura si fa simbolo, ricordo e preghiera.  Per Brenna, l’arte è un gesto morale, una forma di lotta. «Rifiuto – dice – la borghesia dell’apparenza, quella che svuota l’arte in decorazione e riduce la cultura a ornamento». La sua è una pittura non allineata, sempre sospesa tra compassione e sdegno, dolcezza e condanna. I suoi quadri, spesso autofinanziati e realizzati lontano dai circuiti del potere, sono voci dissonanti, ma necessarie. Questa mostra, dunque, non è solo un omaggio a una carriera coerente e ostinata, ma un invito a rileggere il presente con occhi profondi, ricordando che la pittura, quando è vera, non è mai forma pura, ma sostanza viva, capace di restituire dignità, di interrogare e di commuovere.

 

    Condividi l'articolo su: