LETTERA AL RETTORE ANTONIO MARIO TAMBURRO

“Oggi, caro Professore, a distanza di tempo, tutti noi che l’abbiamo conosciuta in un modo o nell’altro, in particolare noi studenti, abbiamo l’onore e l’onére, ma anche quasi l’esigenza di ricordarla, di raccontarla, di trasmettere ciò che lei ci ha trasmesso.
E’ passato un anno dalla sua scomparsa, ma ancora oggi riecheggiano le sue parole, quelle di rimanere “eretti”, forti e tenaci davanti alle avversità.
Non solo un Professore, un uomo di scienza, per noi studenti Lei è stato un maestro di vita, una guida che ci mostrava come comportarsi nella quotidianità, come difendere delle idee e portarle avanti. Con i Suoi modi talvolta ricercatamente burberi, un po’ fuori dalle righe, riusciva sempre a trovare il modo per provocarci, stimolarci a tirar fuori il meglio che sta dentro ciascuno di noi.
Ad un anno di distanza, caro professore, continuiamo su questa strada, con la forza e l’orgoglio che tante volte lei ci ha ricordato di avere, nel provare a costruire e raccontare un territorio migliore, una Basilicata migliore.
Dalla sua scomparsa ancora nulla è cambiato, siamo ancora qui, quotidianamente, con la stessa determinazione e costanza che avevamo quando anche lei lottava al nostro fianco, a voler costruire un presente diverso, un presente che possa rispecchiare anche molte delle cose che , nel conoscerla, ha voluto trasmetterci ed insegnarci.
Quante volte, incontrandola, abbiamo potuto vivere il suo attaccamento a questa Università, ai suoi studenti , ai sui “Cari studenti”, a questa città, a questo territorio ricordandoci sempre che bisogna costruire nel giusto, costi quel che costi, senza aver paura e senza timore.
Oggi molte persone la piangono. In primo luogo, ovviamente, mancherà tantissimo alla sua famiglia, che però spero trovi almeno un po' di conforto nella consapevolezza che manca a tantissime persone per tanti motivi diversi. La sua famiglia già sapeva quanto fosse apprezzato e rispettato da tutti, ma vedere quanti oggi sono qui per Lei credo sarà davvero gratificante.
A noi mancherà perché era una costante fonte di genuino sapere. Ciascuno di noi, chi avendoLa conosciuta in maniera più personale, chi condividendo una delle Sue numerose passioni quali il vino, la poesia, la filosofia, la musica, chi conoscendola come docente o più semplicemente in quanto nostro Rettore, è riconoscente e in debito nei suoi confronti: ogni qual volta si aveva un dubbio, sapevamo che probabilmente lei ci avrebbe dato la risposta. E se non c’èra risposta,lei riusciva sempre a trovarne una. Ci mancheranno le discussioni, il nostro non sempre essere d’accordo. Ma più che altro ci mancherà come Uomo, perché di persone testarde e determinate, ma anche appassionatamente come lei non se ne incontrano molte nella vita.
Se n’è andato un ricercatore eccellente, un bravo docente, un Uomo disponibile e pieno di risorse, ligio al dovere e dall’ ironia sempre pungente nel voler farci guardare aldilà delle apparenze.
Siamo qui Prof, continueremo ad essere eretti, dritti sulla schiena, e con la consapevolezza che il futuro passa dalle scelte che in questo presente saremo in grado di prendere.
Vorrei concludere leggendo un passo del suo libro “Era di maggio, poi fu l’inverno. Quarto binario tronco lato sud” :

“Gli mancava tanto il laboratorio, a Roberto. Gli mancavano tanto i ragazzi e le ragazze, i “suoi” studenti, i loro occhi sorridenti, la gioia del loro lavoro, un lavoro che si trasformava spesso in una incredibile poetica avventura. Non lo aveva detto a nessuno, ma era anche e soprattutto per loro che aveva combattuto. Per dare a loro, quasi sempre figli di operai e contadini, quello che ai loro padri era stato sempre negato: la speranza nella giustizia. Perché ciò che è importante, pensava Roberto, è proprio la giustizia che solo può dare la dignità e la consapevolezza dei propri diritti e dei propri doveri. Per questo, solo per questo, val la pena di combattere”.

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