“Il nuovo crollo ad agosto per le vendite di nuove autovetture del gruppo Fiat, il riaffacciarsi dei “falchi” di Confindustria che con Bombassei presidiano l’area dura degli industriali, l’assenza di politiche industriali del Governo denunciata autorevolmente dal Presidente della Repubblica sono i tre nuovi elementi sui quali riflettere per meglio concentrare l’impegno del sindacato”. Lo afferma Carmine Vaccaro, segretario regionale della Uil.
“Intanto, i dati del mercato auto Fiat presenta un altro risvolto della medaglia: sempre ad agosto è Fiat il marchio leader nella vendita di auto usate a conferma che non c’è una “disaffezione” degli italiani per l’auto più rappresentativa del “made in Italy” ma semmai sono gli effetti della crisi e del calo dei consumi a farsi sentire. Solo che Chrysler (di cui Fiat ha una partecipazione del 20%) ad agosto in Usa ha registrato un aumento del 7% delle vendite a testimonianza della complessità e della profonda contradditorietà del mercato mondiale delle auto.
Su questi aspetti non ci si può attardare in generiche affermazioni o magari facendo prevalere un pericoloso atteggiamento di disinteresse, in quanto sarebbero “questioni che riguardano la proprietà della casa automobilistica”. E’ proprio l’imminente settimana di cassa integrazione programmata alla Sata di Melfi a riaprirci gli occhi perché se non si vendono più auto non si possono produrre più esemplari e i piazzali della Sata non possono registrare una situazione di saturazione. Dunque è qui la complessità della questione legata al presente e al futuro della Fiat a Melfi e nel resto d’Italia e strettamente intrecciata all’occupazione diretta e dell’indotto auto. Abbiamo sostenuto nei giorni scorsi che il Patto Sociale proposto da Marchionne per il cambiamento dei rapporti tra sindacati-lavoratori ed azienda è una sfida che va al di là della vicenda dei tre operai di Melfi.
E i due nuove elementi (calo vendite, dichiarazione Bombassei) ci confermano che siamo di fronte ad prova fondamentale su come sia praticabile e quindi diventi possibile la vecchia e sempre attuale proposta sindacale di mettere il lavoratore al centro dei processi produttivi. In sintesi come esportare in Italia il “modello tedesco” in netta contrapposizione a quello indiano, cinese e serbo, sino a realizzare le condizioni per il riconoscimento degli utili della produzione. E su questo terreno il leader dei falchi di Confindustria ha già detto come la pensa (“nessuna forma di cogestione”) tra l’altro dimostrando di non voler sforzarsi più di tanto di capire la proposta sostenuta persino dai Ministri Tremonti e Sacconi e che non ha nulla a che fare con la “cogestione”. Prendiamo atto che Bombassei è pronto a sbarrare la strada non solo al sindacato ma persino a Marchionne per restaurare antiche relazioni industriali. E su questo tentatiovo può contare sull’assenza di politiche industriali del Governo che finalmente si appresterebbe a nominare il nuovo Ministro allo Sviluppo Economico.
Infine, il Patto Sociale lanciato da Marchionne ha una condizione senza la quale non è praticabile: una nuova legge sulla rappresentanza sindacale. Se si vuole realmente garantire lavoratori ed imprenditori sulla piena attuazione di accordi sottoscritti diventa essenziale infrangere il tabù della rappresentanza che deve contenere risposte esaurienti su quando e come si attuano le intese firmate dalle parti sociali. Serve perciò una nuova normativa di legge perché raccogliendo l’appello del Presidente Napolitano alla responsabilità di tutte le parti in causa si riscrivano le regole della rappresentanza e si annullino, di fatto, scelte improntate sulla logica del conflitto come unica strategia di sindacati e lavoratori. E data l’urgenza della questione riteniamo che se i sindacati non sono in grado di definire quello che è non è altro che un codice di autodisciplina dell’attività si affidi il compito al Parlamento per una legge transitoria”.
(bas – 04)