Un’ “etichetta etica” sui prodotti agro-alimentari contro l’ennesimo fenomeno che spaventa i consumatori, rappresentato dall’allarme per il batterio E.Coli che sta devastando l’ortofrutta italiana.
E’ la proposta della Cia-Confederazione Italiana Agricoltori lanciata a Lecce in occasione della V Conferenza Economica alla quale partecipa una delegazione della Cia lucana guidata dal presidente Donato Distefano. Sull’onda della psicosi, i consumi di frutta, verdura e ortaggi hanno già subito un calo del 20 per cento, con punte anche del 70 per cento per quanto riguarda i cetrioli, i primi prodotti ingiustamente incriminati come causa delle intossicazioni registrate in Germania. E così i danni per i produttori ma anche per l’intera filiera stanno assumendo dimensioni drammatiche.
C’è dunque bisogno – sostiene la Cia – di un’etichetta che non deve “sedurre” o confondere, ma piuttosto dare più informazioni possibili sui prodotti alimentari, senza trucchi né inganni. Non si tratta solo di sapere il luogo d’origine e provenienza del cibo che va sulla tavola: oggi il consumatore attento vuole conoscere la “storia” di quello che mangia. Specie per le produzioni locali e di nicchia – sottolinea il presidente della Cia Distefano – è sicuramente un vantaggio in più perché più garanzia equivale a maggiore reddito per gli agricoltori-produttori.
L’“Etichetta etica” è un modello che mira a ristabilire il principio della “sovranità alimentare”, restituendo al compratore un’effettiva libertà di scelta, negata da un mercato globalizzato che sposta le materie prime agricole a seconda della convenienza economica, senza alcuna considerazione per la loro qualità e per l’impatto ambientale e sociale conseguente alla loro produzione.
L’idea dell’“Etichetta etica”, come quella del suo contenuto, è partita dai risultati di un’indagine di Cia sul rapporto tra italiani e sicurezza alimentare. Secondo lo studio, ben il 91 per cento dei consumatori chiede per il cibo un’etichetta semplice e di facile comprensione, ma con più informazioni rispetto ad oggi. In particolare, l’83 per cento degli intervistati preferisce il prodotto nazionale, soprattutto se tipico e tradizionale, ma dall’etichetta vorrebbe la garanzia dell’italianità di tutti gli ingredienti.
E ancora: otto consumatori su dieci sono contrari agli Ogm in tavola. Il 55 per cento del campione ritiene gli organismi geneticamente modificati dannosi per la salute, mentre il 76 per cento crede semplicemente che siano meno salutari di quelli “normali”. All’opposto, il 62 per cento degli italiani si fida del biologico: secondo questa “fetta” di utenti il bio risponde ai più elevati standard di sicurezza e salubrità alimentare. In più, per il 58 per cento dei “bio-appassionati”, questi prodotti sono di qualità superiore rispetto ai convenzionali. Infine, il 40 per cento degli italiani vorrebbe in etichetta più dati sull’impatto degli alimenti sull’ambiente e il territorio circostante, mentre il 70 per cento degli intervistati chiede meno passaggi di filiera per frenare la corsa dei prezzi dal campo al supermercato.
BAS 05