“Il risultato del rinnovo delle Rsu alla Sata di Melfi, con il significativo incremento di consensi alla Fiom, che è tornato ad essere primo sindacato, nonostante la non presenza nel ‘collegio impiegati’, nel quadro di una buona partecipazione dei lavoratori al voto, che si è attesta al 93 per cento ed una preponderante affermazione delle liste confederali, è la risposata che la sinistra si attendeva dalla classe operaia lucana ai tentativi, attraverso la vertenza dello stabilimento Fiat di Pomigliano, di far diventare il Contratto nazionale di lavoro un optional”. E' il commento del consigliere regionale Giannino Romaniello (Sel), secondo il quale “la situazione di Pomigliano d'Arco riguarda tutta l'Italia e tutto il mondo del lavoro, e non è un caso che il ministro Sacconi, Confindustria e buona parte del mondo politico si siano affrettati ad indicare l'accordo proposto dalla Fiat come il modello futuro da seguire nelle relazioni industriali nei processi di riorganizzazione produttiva e del lavoro. Una riorganizzazione che prevede la frantumazione dei diritti dei lavoratori, la loro definitiva riduzione a merce. Ai lavoratori gli si sta chiedendo, sottoponendoli ad un ricatto assurdo, di scegliere fra la difesa della propria dignità e il lavoro. Per questa ragione il risultato importante conseguito dalla Fiom a Melfi assume un significato ancora più rilevante che va al di là dei cancelli della Sata”.
Romaniello riferisce di aver firmato il documento, che ha già raccolto decine di adesioni di esponenti politici, del sindacato, del mondo della cultura, denominato ‘Il tavolo del lavoro della sinistra per Pomigliano’ che contiene un appello agli intellettuali, ai parlamentari, ai sindacalisti europei perche' “costituiscano una rete di opposizione alla ineluttabilita' della via di uscita dalla crisi proposta dal nuovo capitalismo. Puo' nascere cosi' uno spazio di discussione europeo capace di contrastare le politiche di dumping sociale tra gli stessi paesi della Unione europea”.
“La vicenda di Pomigliano – si legge nel documento – appello – e' emblematica dell'idea di fuoriuscita dalla crisi economica e sociale che ha il padronato: continuare sulla strada della competivita' internazionale giocata tutta sul costo del lavoro, comprimendo ulteriormente diritti e salari dei lavoratori, usando il ricatto della perdita di occupazione. In altre parole, invece di aggredire le cause della crisi per cambiare modello di produzione e di sviluppo si risponde con l'accentuazione degli stessi elementi che hanno prodotto la rottura del compromesso capitale – lavoro che aveva garantito il modello sociale europeo. La Fiat, oggi, chiede ai lavoratori di mettere nelle mani dell'impresa il proprio tempo e la propria dignita' come unica possibilita' per continuare a produrre e lavorare. Una versione, anche peggiore, della direttiva orario bocciata dal Parlamento europeo. Contemporaneamente, proponendo alle organizzazione sindacali un testo non emendabile, la cui mancata accettazione produrrebbe a suo dire lo spostamento degli investimenti, di fatto la Fiat annulla il ruolo contrattuale del sindacato e il valore della rappresentanza collettiva dei lavoratori. La riduzione della dialettica e della democrazia e' un'altra condizione che l'impresa chiede per continuare ad operare. Imporre scelte unilaterali a Pomigliano, cambiare l'articolo 18 con il collegato al lavoro, modificare l'articolo 41 della Costituzione, significa raggiungere un unico obiettivo: affermare il primato dell'impresa a prescindere da qualsiasi norma e regola arrivando perfino a mettere in discussione diritti costituzionali che per noi tutti sono indisponibili”.
“Di fatto la Fiat oltre a mette in discussione il Contratto nazionale di lavoro, vuole riscrivere anche la Costituzione ed e' gravissimo che ministri della Repubblica l'appoggino in tutto cio'. In questo contesto – conclude Romaniello – la scelta della Fiom di non aderire al testo proposto dalla Fiat e' un atto coraggioso di resistenza che va sostenuto e non isolato, perche' in gioco c'e' non solo il futuro dello stabilimento di Somigliano, ma il futuro delle condizioni di vita dei lavoratori italiani ed europei”.