Gabbie salariali, Giorgetti presenta mozione

Il consigliere del M5s chiede a presidenti Giunta e Consiglio di invitare il governo nazionale “ad abbandonare qualsiasi iniziativa che porti alla costituzione di una norma discriminatoria che provocherebbe solo più profonde spaccature nel Paese”

&ldquo;Ho presentato una mozione che impegni i presidenti della Giunta e del Consiglio della Regione Basilicata ad invitare il governo nazionale ad abbandonare qualsiasi iniziativa che porti alla costituzione di nuove &lsquo;gabbie salariali&rsquo;, innanzitutto perch&eacute; una simile norma discriminatoria (e razzista) provocherebbe solo ulteriori e pi&ugrave; profonde spaccature nel Paese&rdquo;.<br /><br />Nel darne notizia il consigliere regionale del M5s Gino Giorgetti aggiunge: &ldquo;I governatori di Veneto, Lombardia ed Emilia-Romagna vogliono un modello di autonomia regionale differenziata le cui vere implicazioni non sono chiare agli italiani che non sanno di che cosa si tratti effettivamente (anche perch&eacute; se ne parla poco e in modo molto vago). Non si tratta di una piccola questione amministrativa che riguarda solo i cittadini di quelle regioni ma &egrave; una grande questione politica che riguarda tutti gli italiani perch&eacute; &egrave; indiscutibile il rischio sia di spezzettamento della scuola pubblica che di creare nell&#39;ambito sanitario, per esempio, cittadini di serie A e di serie B a seconda della regione in cui vivono&rdquo;.<br /><br />&ldquo;Gi&agrave; nel 1954 &ndash; dice – l&#39;Italia venne divisa in 14 zone nelle quali si applicavano salari diversi a seconda del costo della vita ma, alla fine degli anni &#39;60, queste &lsquo;gabbie salariali&rsquo; portarono ad un susseguirsi di scioperi e lotte sindacali perch&eacute; di fatto era una suddivisione discriminatoria oltre che un fattore incisivo nel determinare il gap fra le regioni del nord e quelle del sud. Tanto &egrave; che a marzo del 1969 i sindacati e Confindustria si accordarono per l&#39;abolizione delle zone salariali e per l&#39;unificazione progressiva dei salari. Le &lsquo;gabbie salariali&rsquo; furono ufficialmente abolite il 1&deg; luglio 1972. Dopo 50 anni, per&ograve; il tema delle &lsquo;gabbie salariali&rsquo; torna ad accendere il dibattito politico nonostante, nei primi anni &#39;90, i governi di centro-sinistra abbiano gi&agrave; attuato, soprattutto al sud qualcosa di simile: i &lsquo;contratti d&rsquo;area&rsquo;. Ad esempio, fino al 2004, gli operai della Fiat di Melfi (ora Fca), a parit&agrave; di orario, guadagnavano per contratto meno dei loro colleghi degli stabilimenti Fiat del centro nord&rdquo;.<br /><br />&ldquo;Le ultime tabelle Istat degli indicatori del benessere equo e sostenibile dei territori &ndash; continua Giorgetti – gi&agrave; tratteggiano un&rsquo;Italia con forti divari, fra nord e sud e fra singole regioni con la Lombardia in testa e la Calabria in coda, con Milano in cima alla classifica delle province con 29.627 euro di reddito medio e Vibo Valentia all&rsquo;ultimo posto con 12.118 euro e la Basilicata poco sopra con 13.419 euro di reddito pro-capite. Gi&agrave; oggi per le retribuzioni medie annue dei lavoratori dipendenti la nostra Italia viaggia a pi&ugrave; velocit&agrave;: nord a 24.356 euro, centro a 21.189 e sud a 16.113 euro. Quindi innanzitutto si deve osservare che nel Mezzogiorno i salari sono gi&agrave; inferiori rispetto a quelli del nord&rdquo;.<br /><br />&ldquo;In uno Stato &ndash; sostiene il consigliere del M5s – la cui legge costituzionale all&rsquo;art. 3 recita &lsquo;Tutti i cittadini hanno pari dignit&agrave; sociale e sono uguali davanti alla legge senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali&rsquo; &egrave; quindi, come recita lo stesso articolo, &lsquo;compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che limitando di fatto eguaglianza dei cittadini&rsquo;. Eppure tra le tesi che spingono questi governatori del nord per le &lsquo;gabbie salariali&rsquo;, il fatto che al nord il costo della vita sarebbe pi&ugrave; alto rispetto al sud, mentre i salari monetari sarebbero, nel migliore dei casi, di poco pi&ugrave; alti. Sostenendo, quindi, che i salari reali al nord sarebbero pi&ugrave; bassi rispetto al sud. Ma affermare che il costo della vita al nord sia pi&ugrave; alto rispetto al sud &egrave; a dir poco opinabile. Questa tesi, approssima il costo della vita ad un indice che dipende dal prezzo delle case e degli affitti. Ma sebbene il costo di una casa o di un affitto in una citt&agrave; come Milano o Roma, in media, sia pi&ugrave; alto rispetto allo stesso costo in una citt&agrave; del Mezzogiorno, tale indice non dice nulla rispetto alla variazione dei prezzi delle case all&#39;interno delle stesse citt&agrave;, sia al nord che al sud, perch&eacute; i differenziali interni ad ogni area sono enormi. Per fare solo qualche esempio, i valori massimi in alcuni quartieri di centro e periferia &ndash; in euro al metro quadro – a Milano oscillano dagli euro 9.800 (Brera) a 2.200 (Lambrate) cos&igrave; come a Napoli oscillano dagli euro 7.700 (Posillipo) a 2.150 (Secondigliano)&rdquo;.<br /><br />&ldquo;Di fronte a queste oggettive enormi differenze al metro quadro, nella stessa citt&agrave;, in base al quartiere &ndash; aggiunge Giorgetti – gli &lsquo;scienziati&rsquo; governatori delle 4 regioni del nord, perch&eacute; hanno ipotizzato di differenziare i salari nominali non solo in base alle due o tre macro regioni italiane ma anche in base al quartiere di residenza? La verit&agrave; &egrave; che piuttosto che abbassare i salari al sud, sarebbe assolutamente prioritario invece investire sulle infrastrutture pubbliche e migliorare i servizi anche perch&eacute; i salari, nel Mezzogiorno, sono gi&agrave; in linea con la dinamica della produttivit&agrave; (si legga analisi del 2016 dei dr. Aiello, Daniele e Petraglia). Il relativo sottosviluppo del sud rispetto al nord non &egrave; solo una questione di salari e redditi. Al di l&agrave; della proxy del prezzo delle case gi&agrave; di per s&eacute; controversa (come rappresentato prima), al sud il tenore di vita &egrave; drammaticamente compromesso dalla qualit&agrave; e quantit&agrave; dei servizi e delle infrastrutture pubbliche (ospedali, ferrovie, autostrade ecc.) e dal continuo sotto-investimento nel sud rispetto al nord, sia pubblico (come testimonia il rapporto Svimez del 2017), sia privato come &egrave; evidente dai dati dell&#39;Istat&rdquo;.<br /><br />&ldquo;Di conseguenza, – conclude – se anche fosse vero che il costo della vita al nord fosse pi&ugrave; alto che al sud, tale differenza sarebbe oltremodo compensata da servizi e infrastrutture pubbliche, come rilevato in uno studio della Banca d&#39;Italia (di Giovanni D&#39;Alessio, Qef, n. 385/2017). Infine, viene quasi spontaneo ricordare una ulteriore questione, che in questo contesto sembra pi&ugrave; che mai rilevante: ma se &egrave; vero che la produttivit&agrave; al nord &egrave; pi&ugrave; alta che al sud, perch&eacute; le imprese in sede di contrattazione secondaria, strumento disponibile e poco diffuso, non alzano i salari al nord ed in particolare in Veneto, Lombardia e Emilia-Romagna&rdquo;?<br />

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