“Ci saranno pure dei validi motivi se queste giornate che precedono le festività natalizie nella “capitale” della Val d’Agri (Villa d’Agri,) da sempre centro di commercio e di servizi per un vasto territorio e una vasta utenza, sono decisamente sotto tono come possono confermare i titolari degli esercizi di vendita, ristoratori, albergatori, gli amministratori di piccole imprese”. Lo afferma, in un comunicato stampa, Filippo Massaro, del Csail. “Non saranno certo le luminarie, gli addobbi e gli alberi di Natale, presenti un po’ in tutti i comuni della valle, a ridare serenità alle popolazioni locali che si preparano a trascorrere un ennesimo Natale all’insegna dello “stringere la cinghia”. E’ l’economia valligiana che continua ad essere depressa mentre si è diffuso un clima di sempre più forte sfiducia sicuramente determinato dalle vicende (non del tutto chiare e concluse) dell’ospedale di zona. Perché per la gente se viene messa in discussione persino un’istituzione indiscutibile come lo storico presidio ospedaliero crolla ogni certezza. Ci sono poi i segnali di crescente difficoltà che provengono dal mondo agricolo e zootecnico che è essenziale per la tenuta dell’economia della valle. Nei giorni scorsi si è dato molto spazio ai progetti annunciati dal gruppo Granarolo che intenderebbe investire da noi. Nessuno però ha raccontato che un litro di latte di alta qualità consegnato alla Granarolo in una stalla della Val d’Agri viene pagato meno di una tazza di caffè pagato al bar. Oppure che le mele della valle rendono la metà delle mele della val di Non. Lo stesso accade per i prodotti ortofrutticoli di grande pregio che, forse solo ad esclusione del fagiolo di Sarconi igp, non garantiscono agli agricoltori un reddito adeguato. Accade così che se non fosse per le tredicesime dei nostri pensionati gli acquisti alimentari per le festività e i consumi sarebbero ancora più bassi. Ricordo negli anni settanta-ottanta che in questi giorni c’era la corsa alla prenotazione delle cene della vigilia di Natale e del San Silvestro. Oggi i ristoratori di queste parti se vogliono garantirsi i clienti sono costretti a proporre prezzi più contenuti di quegli anni, mentre di turisti nonostante il Parco nazionale non c’è traccia. Sono segnali incontrovertibili che il sogno petrolifero è ormai finito da un pezzo. Non è proprio lo stesso Natale che si festeggia in altri angoli del Pianeta dove il petrolio, al contrario, è segno concreto di benessere diffuso. In alcune contee norvegesi dove si estraggono gli idrocarburi ci sono i più mercatini natalizi più belli del mondo e i consumi per le festività raggiungono gli stessi livelli dei Paesi Arabi produttori anch’essi di petrolio. Dobbiamo affidarci ancora alla speranza forse con un’unica certezza: per effetto dell’accordo sul gas avvertiremo in casa meno freddo”.
bas04