Intervento di Vito Petrocelli – M5S Senato della Repubblica
“È iniziato al Senato, commissioni congiunte Giustizia e Industria, l’iter per l’esame della proposta del Movimento 5 Stelle, prima firma Vito Petrocelli, per l’istituzione di una Commissione d’inchiesta sull’operato dell’Eni. I relatori designati sono, per la Commissione giustizia, l’ex sindaco di Milano, Gabriele Albertini, e per la Decima, il senatore pugliese del Pd, Salvatore Tomaselli. La società energetica del “cane a sei zampe” è la più grande azienda italiana ed è una delle più importanti società chimico-petrolifere del mondo. È soggetta alla “golden share” del Ministero del Tesoro, che è un istituto giuridico che dà la misura di quanto sia importante per l’Italia e per la sua immagine nazionale e internazionale, il comportamento che l’Eni deve tenere sui mercati del mondo, dato che il tesoro, e dunque il governo italiano, si riservano di “condizionare” le azioni del colosso industriale nei casi in cui ci siano situazioni nelle quali sono a rischio gli interessi della nazione. È su questo punto essenziale che si basa l’impianto “politico” della richiesta e la necessità che si costituisca una condivisione trasversale tra i partiti presenti in Parlamento, al fine di rendere trasparente l’operato dell’Eni a garanzia che il buon nome del Paese non ne sia stato o non ne venga compromesso. Più di qualche condanna è già stata comminata, infatti, a dirigenti dell’Eni o a dirigenti di società satelliti, le ultime per disastro ambientale a carico proprio dell’ex amministratore delegato dell’Eni, Paolo Scaroni. Troppe sono le accuse di corruzioni anche e soprattutto internazionali, troppi i sospetti di falsificazione di certificazioni navali e troppi gli incidenti sulle piattaforme del gruppo nei mari di mezzo mondo. Le ragioni della nostra richiesta di istituire una Commissione parlamentare d’inchiesta stanno in questo quadro desolante e disarmante per un’azienda che, più di ogni altra azienda italiana, deve fugare ogni possibile dubbio sul suo operato. E non c’è nulla di più democratico che sia lo stesso Parlamento italiano a verificare se l’Eni abbia violato codici, norme e diritti. Sia internazionali che nazionali. La Commissione d’inchiesta, infatti, dovrà valutare anche questioni puramente nazionali: dal fornire chiarezza sulle tecniche e sulle sostanze chimiche usate per le estrazioni, al chiarire se è vero o meno che in Basilicata, il cosiddetto Texas d’Italia, abbia costituito fondi neri mentendo sulle reali attività estrattive in cinque pozzi della Concessione Cugno le Macine. E, soprattutto, e se è vero che negli anni ’90 abbia o meno sperimentato il fracking, tecnica di perforazione illegale e molto invasiva, che potrebbe aver inquinato un lago della Basilicata le cui acque danno da bere a milioni di persone tra la Puglia e la Basilicata, irrigano milioni di ettari e dissetano migliaia di capi di bestiame. Motivo di una nostra recente denuncia alla Commissione europea (è stata presentata a settembre dell’anno scorso) per l’Ambiente, che ha aperto un “Pilot” per chiedere documentazioni ulteriori allo Stato e alla Regione Basilicata, con buona pace dell’Eni stessa e del governatore Marcello Pittella. I quali, come dimostra un’inchiesta del programma “La Gabbia” su LaSette, fatta ad aprile scorso, si sono subito affrettati a dichiarare che non si fanno operazioni di fracking nelle “attuali” attività di estrazione in Basilicata”.