Il presidente del gruppo regionale di Io amo la Lucania “in difesa della ‘Provincia della Lucania’ con sede a Melfi”
“Il conto alla rovescia – ricorda Navazio – per il riordino delle Province è cominciato. La roadmap fissata dall’articolo 17 del Decreto legge 95, convertito ad inizio agosto nella legge 135, per intenderci la legge sulla ‘Spending Review’, fissa tempi stringenti per le decisioni. C’è chi spera nel ricorso al Tar. C’è chi non vuole che si avii anzitempo la discussione. Eppure – avverte Navazio – il calendario previsto incalza. Il 22 ottobre si avvicina. Il dibattito estivo si è tenuto rigorosamente alla larga dal programma di riordino. Nel frattempo, si sono consumate azioni delittuose, come lo scippo del Tribunale di Melfi. Più volte, le Province sono state sull’orlo della soppressione. Nel 1947 – rimembra Navazio – la Commissione dei 75, che aveva preparato il progetto Costituzione, ne aveva previsto la soppressione. Anche al momento della costituzione delle Regioni alcuni partiti ne chiesero la soppressione. Invano. La non più recente riforma del titolo V della Costituzione ne aveva, di fatto, valorizzato il ruolo. Oggi si fa sul serio. Nonostante che il Governo Monti sia partito con l’idea della soppressione totale. Alla fine ha dovuto ripiegare sull’accorpamento ed infine si è dovuto accontentare del riordino delle Province, fermo restando il principio minimo di 350 mila abitanti e 2500 chilometri quadrati”.
“Quindi – sostiene Navazio – abbiamo necessità di discussione e di proposte. Il sistema politico negli scorsi 50 anni ha ‘lucrato’ sull’effetto Provincia. Ha preso voti nelle piazze. Ha illuso i cittadini. Viene da chiedersi perché mai le popolazioni ambivano (ma rimanendo ancora oggi tale sogno) alla presenza di questo Ente. La risposta – a parere del consigliere – non è difficile ed è nota a tanti autorevoli commentatori: la presenza di organi dello Stato, di importanti uffici finanziari. Essere sedi di Enti pubblici, di organizzazioni della società (federazione dei partiti, associazioni provinciali dei sindacati, le organizzazioni industriali, e altro ancora. Insomma, prestigio, economia. In Basilicata? Dobbiamo affrontare due temi : la denominazione della nuova Provincia e la sede istituzionale. Il riferimento all’ unica ‘Provincia della Lucania’ è sicuramente quello più appropriato (insieme ai colleghi Mollica e Falotico sono presentatore di una mozione da sottoporre al prossimo Consiglio regionale). La sede? Avanzo una proposta che ai più può sembrare provocatoria: scegliamo Melfi. Le considerazioni sono ovvie. La prima – spiega Navazio – per un risarcimento nei confronti della Storia: risale al 1866, infatti, la deliberazione con la quale, per la prima volta, si auspicava l’elevazione della provincia di Melfi del territorio del Nord di Basilicata. La seconda, per un risarcimento nei confronti delle popolazioni che in questi anni di strabismo regionale si sono viste ‘spoliate’ di funzioni amministrative. La terza, per un risarcimento di un territorio periferico che, poco meno di un mese fa, si è visto privato di un’ importante presenza istituzionale. Il Tribunale, a scapito di un altro territorio periferico. Le altre motivazioni: economiche, geografiche, culturali e sociali preferiamo, in questa fase, tralasciarle”.
“La costituzione, pertanto – precisa il consigliere – di un quadrilatero virtuale (Potenza con la sua
alta funzione regionale, Matera con la sua consolidata riconoscibilità di capoluogo della cultura, Lagonegro con le sue nuove ed ampliate funzioni giudiziarie, Melfi ed il suo territorio con l’identificazione di una nuova funzione istituzionale) con uffici istituzionali ed attività amministrative assegnate dalla storia e dagli uomini. Non deve spaventare l’idea. Né deve essere derisa. Proviamo a ragionarci. Un modello istituzionale ‘sparpagliato’ senza più un centro, per alcuni versi anarchico e sfuggente. Che fa scomparire la località. Esaltando la globalità della regione. Se non crescono le periferie, la centralizzazione di funzioni (non importa se sarà Potenza o Matera) porterà, ancora di più,) alla definizione di mini Stato con il loro strabismo, con le loro lobbies e con la selezione partitocratica della classe dirigente; almeno con un organismo intermedio ‘periferico’ di democrazia, i ‘padroni del vapore”’ – conclude Navazio – faranno più fatica a convincere della ‘bontà’ delle loro azioni”.