Inflazione, Autilio: tre primati da superare per Basilicata

Il presidente della seconda Commissione commenta i dati dell’Osservatorio prezzi di Unioncamere: “Occorre pensare alle condizioni necessarie alla ripresa, altrimenti si deprimono ulteriormente i consumi e di conseguenza ne risente l’economia locale”

“Una conferma per le famiglie lucane del ferragosto decisamente sotto tono, come il resto dell’anno e della stagione estiva, con scarsa disponibilità di spesa e quindi scarsa voglia di vacanza”: è il commento del presidente della seconda Commissione (Bilancio – Programmazione) Antonio Autilio (Idv) ai dati diffusi oggi dall’Osservatorio prezzi e mercati di Unioncamere che attribuiscono alla Basilicata tre ‘primati negativi’ nell’incremento annuale dell’indice generale dei prezzi: l’inflazione complessiva a più 5,3% (media Italia più 3,3%), quella alimentare a più 3,5% (media Italia più 2,5%) e quella per abitazione ed utenze a più 9,5% (media Italia più 7,1%).

“In parte è la stessa Unioncamere – aggiunge Autilio – a indicarne alcune delle cause oggettive: l’efficienza delle catene logistiche, il numero di passaggi lungo le filiere, la diversa penetrazione della grande distribuzione o il diverso stato di salute della domanda nei diversi territori; la fiscalità e i tributi locali, insieme ai corrispettivi dei servizi pubblici locali e al diverso funzionamento dei mercati del lavoro. A preoccuparci ancora di più è la constatazione che nei primi quattro mesi del 2012 la forbice tra le variazioni si è ampliata ulteriormente: data un’inflazione nazionale media del 3,3% per il periodo gennaio-aprile, l’inflazione regionale va da un minimo del 2.6% rilevato in Molise ad un massimo del 5.3% in Basilicata”.

“Ci sono indicazioni e valutazioni utili – continua Autilio – per il lavoro e l’impegno che ci attendono alla ripresa politico – istituzionale a settembre perché se, come sottolinea il presidente De Filippo, la manovra di assestamento di bilancio ha messo in sicurezza le nostre comunità garantendo quei servizi essenziali che spending review, patto interno di stabilità e tagli statali (specie nella sanità) avevano messo a rischio, adesso dobbiamo pensare alle condizioni necessarie alla ripresa, altrimenti si deprimono ulteriormente i consumi e di conseguenza ne risente l’economia locale. Noi possiamo agire sulle tariffe dei servizi. In proposito un buon segnale è venuto con la rimodulazione dei ticket sanitari e l’elevazione del reddito Isee esente sino a 16mila euro. Uno sforzo ancora dobbiamo farlo per ridurre la spesa delle famiglie per consumi energetici, a cominciare dalla bolletta del gas, e i consumi idrici. C’è poi da portare a termine la riforma della governance in settori specifici per ridurre sprechi e indirizzare nuove risorse in difesa del welfare e per l’occupazione”.

Per meglio inquadrare il tema del cambiamento dei consumi, l’Osservatorio di Unioncamere ha realizzato una riclassificazione della spesa delle famiglie sulla base della tipologia di bisogno individuale che i beni ed i servizi del paniere sono destinati a soddisfare. “Dallo studio – evidenzia Autilio – emerge come nel periodo considerato i maggiori aumenti abbiano colpito proprio i bisogni primari: per loro natura difficilmente comprimibili visto che tra essi rientrano i generi alimentari anche di prima necessità (come latte, pane e pasta di grano duro) e la cura della persona. Il soddisfacimento di questi bisogni indica tecnicamente la soglia della povertà. In questo ambito (che incide per il 7% sulla spesa media delle famiglie) l’asticella dell’inflazione è salita del 4,2% tra il 2009 e il 2012 (+2,4% in media nel 2010-2011). Quelli definiti ‘non di base’ e corrispondenti a circa un terzo della spesa delle famiglie e legati alla spesa per alcuni articoli di abbigliamento ed arredamento, elettrodomestici, mobilità privata, sono cresciuti, invece, complessivamente del 13,1% nel periodo considerato e del 3,8% in media nell’ultimo biennio”.

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