“Lo scenario istituzionale regionale è destinato a modificarsi e anche profondamente nel prossimo futuro. Non siamo impreparati né costretti a improvvisare, anche se alcuni nodi gordiani andranno necessariamente risolti”
“Con il Documento Programmatico per lo Statuto – dice Santochirico – è stato prefigurato uno schema che vede nella Regione il centro programmatore e unitario, mentre la gestione delle politiche pubbliche è affidata in via ordinaria alle autonomie locali, per quel che è possibile a quelle sociali e funzionali, per quel che è necessario ad entità ad alta specializzazione tecnica o a forte vocazione settoriale. La normativa statale sulla revisione della spesa pubblica (spending review), anche nella parte attinente alle istituzioni locali, accelera il processo di revisione istituzionale, ponendo nuove e rilevanti questioni. L’ articolo 17 della legge 135/12 ‘Riordino delle province e loro funzioni’, affida alla regione la formulazione e l’invio al Governo di ‘una proposta di riordino delle Province ubicate nel proprio territorio’, sulla base di un’ipotesi approvata dal Cal (nel nostro caso, la Conferenza delle autonomie locali) e fissa la scadenza ravvicinata del 23 ottobre”.
“L’effetto di tale norma – spiega Santochirico – così come attuata dal Governo, per la Basilicata è un ‘brutto pasticciaccio’, ma se i rimedi giurisdizionali dovessero fallire, si dovrà fare di necessità virtù, sulla via del completamento di un percorso di semplificazione e razionalizzazione da tempo avviato (soppressione di un congruo numero di enti regionali e delle comunità montane, riforma sistema sanitario, sistema turistico regionale, consorzi industriali). E’ bene conservare e valorizzare un metodo finora seguito, qual è quello di ricalibrare la presenza e l’azione pubblica alle nuove o aggiornate domande, orientare le misure di riassetto istituzionale a finalità di ottimizzazione della spesa, incremento dell’efficienza, accrescimento dell’utilità dell’intervento pubblico, sostegno a settori strategici, evitando i tagli indiscriminati e soppressioni al buio che si prestano all’insidiosa percezione di mere spoliazioni di aree di rilevanza sociale o economica o addirittura geografica. Per evitare approssimazione, confusione e pressapochismo, è bene delineare preliminarmente e condividere il modello. Quello contenuto nel Documento Programmatico per lo Statuto, inizialmente richiamato, costituisce la cornice, unanimemente condivisa in Consiglio, e che, allo stato, non ha alternative. In questo senso, prioritariamente vanno definiti ruolo e funzione della Regione e del sistema delle autonomie locali, tenendo conto della non secondaria complicazione derivante dalla coincidenza dei confini provinciali con quelli regionali”.
“La Regione, legiferando e programmando, oggi più di ieri – continua Santochirico -è chiamata a garantire l’unità regionale e a considerare in un quadro organico opportunità economiche, domande sociali, esigenze e vocazioni territoriali. I territori, attraverso i Comuni e in un significativo ambito di area vasta, dotato di autonomia e rappresentanza democratica , devono essere chiamati ad un responsabile esercizio di attuazione delle politiche pubbliche, fino al limite che esige un diversa e più ampia dimensione. Dalle Aree programma si è svoltato verso le Unioni dei Comuni, ma sarebbe tempo di ammettere che fu un errore archiviare repentinamente le Comunità locali, cassando prematuramente la legge regionale n.11 del 2008. Una ristrutturazione degli enti intermedi con una minuziosa ricognizione e attribuzione delle competenze che non richiedono una diversa più ampia scala è necessaria, cos’ come lo è l’irrobustimento del loro carattere democratico e rappresentativo. Nonostante l’ibrido coacervo delle competenze conservate o attribuite dalla legge nazionale alla Provincia, per evitare rischiose sovrapposizioni e latenti conflitti, politici e istituzionali, occorrerà una particolare cura per differenziare quelle ulteriori, che ad essa potranno essere riconosciute, sia da quelle regionali che da quelle degli enti intermedi territoriali. Ad esempio, ci si dovrà interrogare sulla possibilità di imputare ad essa delle attività e competenze ad alta specializzazione tecnica o a forte vocazione settoriale ovvero quelle che, per necessità di una ampiezza regionale (ossia provinciale in Basilicata), oltrepassano la soglia di sostenibilità da parte degli enti intermedi territoriali. E se in alcuni campi (dai servizi pubblici locali alle politiche dell’edilizia sociale, ad esempio) dovranno essere ridefiniti gli strumenti di programmazione, gestione e controllo, assumendo a riferimento principale la scala regionale, si dovrà verificare se e in quali limiti l’elemento della specialità è compatibile con un ente ad ampio spettro di intervento. Su questo occorrerà concentrarsi e discutere, evitando la sterile difesa dello status quo e la corsa cieca alla rivendicazione territoriale. Le città capoluogo, entrambe, parallelamente, con la loro storia e la loro indefettibile rappresentatività politico-istituzionale e i territori sono chiamati ad una grande prova di maturità per trasformare questa difficile circostanza in un’occasione di rilancio dell’unità e della coesione regionale”.
“Il processo di riforma istituzionale regionale avviato , cui riforma dello Statuto, spending review, profonda e permanente crisi sociale imprimono una forte accelerazione, di qui a fine anno, è importante che venga concepito, vissuto e presentato come occasione per riqualificare e rilanciare l’azione pubblica regionale, ravvivare il protagonismo dei territori, coinvolgere comunità e rappresentanze sociali, rinvigorire i tessuti connettivi civili e democratici, rafforzare la coesione sociale e la dimensione unitaria regionale. Forzature e strappi – sostiene Santochirico – non solo non aiuterebbero, ma farebbero correre il rischio di alimentare nuove tensioni in cui corporativismi, municipalismi, revanscismi, costituirebbero una micidiale trappola per ogni disegno realmente riformatore. Bisogna uscire dalla ‘prigione del presente’, sottrarsi alla gabbia delle convenienze contingenti, resistere alle tentazioni soggettivistiche. La Basilicata, così come le sue istituzioni, non è di “qualcuno”, individuo, gruppo o territorio che sia. E’ dei lucani. E il suo destino è tanto più autonomo e certo quanto più è nelle mani dell’intera comunità regionale che sfida il presente con lo sguardo volto al futuro. Un percorso – conclude Santochirico – serio ma non depressivo, rigoroso ma non mortificante, selettivo ma non discriminante, impegnativo ma non escludente, unitario ma non accentratore, può essere uno dei principali sentieri per uscire dall’attuale, difficile e incerta fase”.