Digilio (Fli), addio industrie del Sud. Siamo alle solite

“La vicenda Irisbus, lo stabilimento della Fiat in provincia di Avellino che cessa la sua attività, non è altro che l'ennesima puntata di una dismissione annunciata. La storia si ripete e purtroppo potrebbe ripetersi in tutto il Sud, con l’area industriale San Nicola di Melfi che, come testimonia il continuo ricorso alla sospensione della produzione e alla Cig per i lavoratori Sata, non si può considerare salva”. E’ quanto sostiene il sen. Egidio Digilio (Fli) che ieri è intervenuto in aula al Senato nel dibattito aperto dal ministro allo Sviluppo economico Romani.
“La dismissione operata dalla Fiat dei propri stabilimenti in Italia – aggiunge – serve ovviamente a continuare la propria produzione in Francia, nella Repubblica Ceca, e in altri Paesi più concilianti rispetto alle sue politiche industriali. Tutto il territorio nazionale è colpito a macchia di leopardo da tale inesorabile rinuncia, e cito Imola, Pomigliano, Modena, Termini Imerese e tante altre realtà della micro, piccola, media e grande impresa italiana.
Si dismette il Mezzogiorno d'Italia, ammaliato negli anni Settanta dalle chimere dell'industrializzazione controgarantita dai, e con i, soldi degli italiani, con la drammatica situazione per il Sud – continua Digilio – di vivere ora la cupa stagione invernale degli abbandoni, della cassa integrazione, dei licenziamenti e del complessivo drammatico impoverimento del tessuto sociale”.
Nel ricordare che “a cavallo tra gli anni sessanta e settanta fu inventata la famosa sigla della Sita che inizialmente era una società dello Stato, finanziata con i soldi dello Stato per sviluppare il trasporto pubblico su gomma” Digilio evidenzia che “i finanziamenti arrivati nelle varie regioni e amministrati anche dagli enti locali, grazie a quel patto socio economico fatto con la grande riforma finanziaria nel 1998 promossa dal ministro Ciampi, hanno riportato in un certo senso a rimodellare determinate questioni. In Basilicata ad esempio quando abbiamo cercato di dare un'impostazione diversa al piano industriale della Regione, ci è stato risposto che eravamo “in debito” dallo Stato perché già avevamo avuto dalla Fiat. Credo non sia questo il ragionamento da fare. Occorre impostare un discorso diverso e attrezzarsi, perché quando vengono chiusi gli stabilimenti qualcuno deve emigrare”.
“Di fronte a fenomeni di desertificazione industriale nel Mezzogiorno e di forte emigrazione intellettuale e giovanile – conclude – ancora non decolla il Piano per il Sud più volte promesso dal Governo mentre continuano il depauperamento del Fondo per le aree sottoutilizzate e l'inefficace utilizzo dei fondi europei”.
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