“Nella trattativa in corso intorno al Tavolo per il patto sociale, la Uil considera ''decisivo'' il nodo sulla produttività. Nella situazione di vera emergenza della finanza pubblica, nella quale anche una Regione con i conti a posto come la Basilicata viene precipitata dai tagli del governo, affrontare finalmente, senza escandescenze e senza ipocrisie, il tema della produttività e della flessibilità del lavoro diventa un atto di onestà e di coraggio anche da parte del sindacato, perché non è uccidendo la flessibilità che si rafforza il lavoro a tempo indeterminato, che non c’entra nulla con il lavoro garantito. Quello che bisogna evitare è che la produttività si trasformi in sfruttamento e la flessibilità diventi precarietà. E, come ci sforziamo da tempo di dimostrare, lo possiamo fare in un solo modo, introducendo un sistema flessibile, complementare al rafforzamento del lavoro stabile, una sorta di “federalismo contrattuale”, i cui pilastri sono già disegnati nell’accordo sulla riforma del modello contrattuale, che la Uil e la Cisl hanno sottoscritto e che non hanno nulla a che vedere con le famigerate “gabbie salariali” riproposte nei mesi scorsi dalla Lega Nord. E, per chi proprio non arriva a capire, o finge di non capire, che è nostro dovere primario favorire l’incontro di domanda e offerta di lavoro, abbiamo ancora una volta citato, come esempio di flessibilità virtuosa, l’introduzione nel Mezzogiorno e in Basilicata di un “Contratto Straordinario di Accesso al Lavoro”, a costi più contenuti, per un tempo limitato (massimo 5 anni), in sostituzione di un lavoro precario. Un rapporto, aggiungiamo, che, sul modello del cosiddetto “job sharing”, già sperimentato con successo nel Nord Europa, può essere stabilizzato con il supporto di un fondo appositamente predisposto e collegandolo alla fuoriuscita dei lavoratori più anziani dal ciclo produttivo. In questa ottica strumenti di buona flessibilità in ingresso possono essere anche l’apprendistato e il contratto di inserimento. Soprattutto questa seconda tipologia può fornire opportunità insperate a quelle fasce critiche che incontrano difficoltà ad entrare nel mondo del lavoro, come i portatori di handicap, gli over 50 espulsi dal circuito produttivo, e le donne per le quali, al fine di eliminare quel differenziale penalizzante di quasi il 20%, sarebbe utile e giusto eliminare il sottoinquadramento. Occorre mantenere un livello di copertura degli ammortizzatori sociali sempre alto, se non vogliamo il disastro economico e produttivo nella nostra regione. In questi anni, a fronte delle esigenze più pressanti, si è fatto ricorso alle rivenienze delle royalties petrolifere e idriche, che hanno positivamente sopperito alle ristrettezze di bilancio ed alle inadempienze dell’intervento statale. Ma, nell’attuale situazione, chiediamo al governo regionale una scelta netta ed inequivocabile: quella di destinare quei proventi esclusivamente alla coesione sociale e territoriale, alla salvaguardia dei diritti di cittadinanza, ai diritti sociali minacciati. Se è questa la necessità vitale più impellente della comunità lucana, noi pensiamo debba essere questa la “linea del Piave” del sindacato e, ci auguriamo, di tutte le forze di progresso presenti nella regione. E’ evidente che una scelta autenticamente riformista, che liberi il campo ad ogni conservatorismo e ad ogni assistenzialismo e che si traduca in una rigorosa selezione delle priorità, si impone non solo per le politiche del lavoro ma in tutte le politiche di settore. A cominciare dal welfare regionale, dove la riorganizzazione del sistema sanitario non ha ancora affrontato il cuore della riforma, che è costituito dalla distrettualizzazione dei servizi e dalla integrazione socio-sanitaria; dove si ripropone aggravata la dolente geografia della povertà e del disagio sociale, e dove appare sempre più insostenibile lo stato di grave sottodotazione dei servizi alla persona, della cura degli anziani e degli handicappati, dell’assistenza domiciliare e della medicina territoriale”.
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