IV Ccp audita Associazione nazionale psichiatria democratica

Nel corso dei lavori odierni della Commissione consiliare “Politica sociale” illustrato il progetto “Residenzialità leggera” delle persone affette da disturbi mentali

Oltre al presidente dell’organismo consiliare, Rocco Vita (Psi), presenti i consiglieri Giannino Romaniello (Sel), Alfonso Ernesto Navazio (Ial), Roberto Falotico (Plb), Alessandro Singetta (Api), Mariano Pici (Pdl), Marcello Pittella (Pd).

Le dirigenti nazionali dell’Associazione di psichiatria democratica, Lella Romagno e Rosa Giannone, hanno evidenziato come “la malattia mentale, oggi diffusa, anche, in virtù dei tanti casi di depressione spesso cronica legati alle difficoltà di trovare lavoro ed il giusto inserimento nella società civile, non può limitarsi alla cura attuata in luoghi chiusi, bensì deve trovare nuovi criteri di applicazione, come ampiamente sperimentato in altre regioni, vedi Lazio e Campania, che contemplano il ricorso a case aperte con l’intervento di una equipe che garantisce, in fasce orarie stabilite, il diritto alla cura, anche nell’ambito, laddove possibile, delle abitazioni dei pazienti. Non si deve più pensare – hanno sottolineato Romagno e Giannone – ad un ‘sistema esclusivo’, bensì occore restituire le persone in cura alla collettività, attraverso, appunto il progetto di ‘Residenzialità leggera’ frutto del lavoro dell’Asp e della dott.ssa Guarino, direttrice del Dipartimento di Salute mentale, progetto già presentato al Dipartimento Sanità della Regione Basilicata”. “Tre i diritti fondamentali – ha ribadito Lella Romagno – per le persone colpite da disturbi mentali: diritto alla casa, per cui si chiede alla Regione e, quindi, all’Ater, una rivisitazione dell’articolo 18 della legge 24 per garantire una riserva di alloggi per chi soffre di tale patologia; diritto alla cura e diritto al lavoro, fondamentale per riacquistare il proprio ruolo di persona attiva e produttiva. Pieno riconoscimento della cittadinanza, dunque, ottenendo, nel contempo, una ottimizzazione della spesa con la riduzione dei posti letto. Il progetto – ha spiegato Romagno – prevede una fase di sperimentazione e di presa in carico a cui oggi sono interessate 36 persone, prima del reinserimento sociale e della piena autonomia, di 12 o 24 mesi. Già nel 2008 – ha ricordato – la Giunta regionale ha recepito le linee guida per la residenzialità, si tratta di attuarle senza ricorrere inserire al trattamento denominato H24 previsto in casi estremamente difficili”. Rosa Giannone ha rimarcato come “la Regione Basilicata, dopo essere stata la prima ad aver recepito la necessità di realizzare le strutture alternative ai manicomi nel lontano1997, organizzando, almeno sulla carta, le linee guida per portare avanti la dismissione di questi ultimi nei casi che lo consentono ampiamente, e la cura effettuata sul territorio, si è arenata: a 13 anni dal pregevole inizio di una vera riforma concernente il trattamento della malattia mentale, si è avuta la stasi che ha comportato, tra l’altro, un notevole aggravio di spesa. Bisogna, quindi, riprendere il cammino intrapreso ed abbandonato, attuando un turn over che riguarda pazienti ormai ‘consolidati’ che ancora occupano il posto assegnatogli ormai da anni, senza possibilità di accedere al trattamento che non comprende la sola cura medico-sanitaria, ma “il diritto alla persona”, eludendo ogni pratica adusa di ammortizzatore sociale”. “Quello che è di fondamentale importanza – hanno affermato Romagno e Giannone – è entrare nell’ottica che è attraverso le pratiche di libertà nel riconoscimento dei diritti e di condivisione che si può rispondere ad un disagio troppo spesso alimentato dalle paure e troppe volte risolto con abitudini violente che hanno privato per molti anni i diritti delle persone sofferenti. Si può e si deve cambiare, nel concreto, la realtà solo se ci si assume, le istituzioni in primis, il rischio della libertà dell’altro, in caso contrario tutto diventa controllo ed esercizio del farmaco, della ‘detenzione’, dei luoghi chiusi ad ogni pratica di libertà che deve diventare responsabilità collettiva, garantendo a chi è colpito da disturbi psichiatrici pratiche territoriali di liberazione, riconoscendo il diritto all’abitare nel contesto civile. Il lavoro quotidiano degli operatori e delle famiglie costituiscono la ‘vera’ cura, dichiarando che tutte le persone in difficoltà sono insieme problema, ma anche risorsa e che ogni traguardo raggiunto è sempre legato allo sviluppo umano, civile e culturale”.

Al termine dell’audizione, la Commissione ha licenziato, con parere favorevole all’unanimità, il provvedimento riguardante l'integrazione al comma 3 dell'articolo 2 della legge regionale n. 13 del 5 febbraio 2010, "Istituzione dei servizi delle professioni sanitarie infermieristiche, ostetriche, riabilitive, tecnico sanitarie e tecnica della precvenzione e delle professioni sociali".

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