Per il vino novello 2011 che è possibile stappare dalla mezzanotte di sabato 5 novembre è il caso di affermare che in quest’annata il bicchiere è più mezzo vuoto che mezzo pieno.
In verità, il vino giovane in Basilicata non ha mai entusiasmato le aziende dei doc: si produce in poche decine di migliaia di bottiglie (Aglianico del Vulture, Grottino di Roccanova, Terre Alta Val d’Agri) e continua a perdere fascino e fan. Ma meno ammiratori significa meno vendite e quindi meno bottiglie. E infatti quest’anno la produzione come accade a livello nazionale cala ancora del 20 per cento rispetto al 2010, anche se la qualità continua a crescere.
Lo afferma la Cia-Confederazione italiana agricoltori, alla vigilia dell’apertura della stagione del “novello”.
Due sono i motivi alla base di questo crollo: la tendenza generalmente a ribasso dei consumi di vino nel Belpaese, che coinvolge anche il “novello”, e un crollo di “appeal” che ormai è sempre più evidente. Mentre le nostre bottiglie fanno il pieno all’estero -spiega la Cia- da anni i consumi interni calano costantemente, passando dai 55 litri pro-capite nel 1995 ai 43 litri a persona nel 2010. Una flessione di ben 12 litri in quindici anni, che diventa ancora più eclatante se si paragona agli anni Settanta, quando si bevevano poco meno di 120 litri a testa in un anno. In pratica, dai 2 bicchieri al giorno del 1970 si passa a solo mezzo bicchiere oggi.
Partito come fenomeno di nicchia, il vino novello ha conquistato i palati dei consumatori italiani negli anni Novanta, quando insieme alle castagne è diventato il simbolo dell’autunno. Ma si è trattato di un trend passeggero. Oggi il vino “giovane” -sostiene la Cia- ha perso il suo fascino perché non rispecchia più i gusti dei consumatori, maggiormente orientati verso rossi corposi e più alcolici. Il novello, invece, mutuato dalla Francia all’indomani dello scandalo del vino al metanolo, fu lanciato sul mercato per allargare i consumi anche tra i giovani, con la proposta di una bevanda a bassa gradazione che potesse conquistare gli “under 30”. Una strategia di mercato che ha funzionato molto bene per tutti gli anni Novanta, ma ora il suo successo si sta lentamente esaurendo. Inoltre, nonostante il calo produttivo, il prezzo a bottiglia resta fermo a una media di 5 euro fino a un massimo di 10 euro. Per un giro d’affari che dovrebbe aggirarsi quest’anno intorno ai 25 milioni di euro. Una cifra irrisoria se confrontata al fatturato complessivo del vino “made in Italy”, che nel 2010 ha superato i 13 miliardi di euro.
I viticoltori lucani – sostiene la Cia – si rifaranno sicuramente con le bottiglie dell’annata 2011, nonostante la produzione sia in calo tra il 15 e il 20%, a guadagnarne è però la qualità per tutti i tipi di vini, dai Doc all’Aglianico, ai vini locali.
Intanto – evidenzia la Cia – è necessario cogliere le grandi trasformazioni intervenute nel settore nel quale calano le superfici vitate (dagli oltre 10mila ettari del 1990, agli 8.700 ettari del 2000 sino ai 4.172 ettari del 2010) ma aumentano gli addetti e le produzioni di qualità. Secondo i dati del Repertorio Vini 2010 pubblicato dall’Alsia, sul territorio regionale sono operative 88 aziende vitivinicole, di cui 62 (pari al 70%) sono dedite all’intera filiera e 15 sono guidate da donne (17%). Quanto ai canali di vendita, come risulta dai dati di un’indagine Alsia, il primo è la ristorazione con il 31% del mercato, seguono enoteche e spacci aziendali. La distribuzione del vino lucano di qualità è dunque legata al consumo fuori casa. Inoltre, le vendite sono indirizzate al mercato regionale per il 33%, a quello nazionale per il 38% e al mercato estero per il 29%. Le bottiglie di vino regionale sono complessivamente (al 2010) 6.650.900 divise in 378 etichette di cui 158 doc, 180 igt, 26 spumanti e 14 vini da tavola.
BAS 05