La frequenza nell’anno scolastico 2010-2011 della scuola dell’infanzia costerà mediamente sulle tasche dei genitori di Potenza 409 euro al mese (4.090 euro l’anno), che incidono per il 12,7% del budget netto familiare. Nel dettaglio, per la frequenza di un asilo nido comunale del capoluogo si spendono in media 310 euro mensili che equivalgono al 9,6% del reddito familiare, mentre per le mense scolastiche nelle scuole materne ed elementari la retta mensile è mediamente 99 euro equivalenti al 3,1% del reddito disponibile.
Sono dati che scaturiscono dalla VI Indagine della Uil sui costi della scuola per l’infanzia nelle 21 Città Capoluogo di Regione.
L’indagine ha preso a campione una famiglia con circa 36.000 Euro di stipendio pari ad un reddito ISEE (Indicatore della Situazione Economica Equivalente) di 17.812 euro, composta da due lavoratori dipendenti, con due figli a carico.
I costi per le famiglie potentine – commenta il segretario generale regionale della Uil della Basilicata Carmine Vaccaro – sono tra i più alti d’Italia e decisamente sopra la media nazionale che sulla base della VI Indagine della Uil sono di 327 euro per le rette di scuola di infanzia che incidono per il 10,2% del reddito netto familiare. Ma oltre alla problematica legata alle alte tariffe della scuola dell’infanzia, esiste anche un problema legato all’accesso negli asili nido, infatti il nostro Paese è molto lontano dagli standard europei del 33% di bambini negli asili nido, mentre a Potenza le liste di attesa continuano a rappresentare un forte disagio per le famiglie con entrambi i genitori impegnati nel lavoro, e al tempo pieno nelle scuole materne ed elementari. Anche le sezioni primavera in città, istituite da un paio di anni, sono insufficienti a dare risposte esaurienti all’intera utenza familiare. Tra l’altro, questo problema ha delle pesanti ripercussioni dirette ed indirette sull’occupazione in generale e, in particolare di quella femminile. C’è bisogno quindi oltre ad un forte contenimento delle rette, di soddisfare le richieste delle tante famiglie di poter usufruire dei servizi delle scuole dell’infanzia, che devono essere considerati non più come un servizio, bensì come un “diritto dei cittadini” sia grandi che piccoli. Sul piano occupazionale quello dei servizi – conclude Vaccaro – si conferma, specie nel capoluogo lucano, un settore che potenzialmente può rappresentare un valido strumento di lavoro specie per le donne.
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