Il capogruppo di Sinistra Ecologia e Libertà in Consiglio regionale: “dopo la manifestazione della Fiom occorre saldare la lotta degli operai di Melfi, Pomigliano, Termini Imerese a quella dei precari, dei giovani ricercatori e dei disoccupati”
“Una risposta forte contro l'idea di impresa e di Fiat che Marchionne ha rappresentato in tv è venuta proprio dal congresso nazionale di Sel a Firenze con l’ampia discussione sui temi del lavoro e dell’economia: dopo il successo della manifestazione nazionale della Fiom del 16 ottobre scorso occorre saldare la lotta degli operai di Melfi, Pomigliano, Termini Imerese a quella dei precari, dei giovani ricercatori come dei disoccupati per affermare un’altra idea di lavoro”.
A sostenerlo è il capogruppo di Sel in Consiglio regionale, Giannino Romaniello, per il quale “le affermazioni di Marchionne non hanno sorpreso chi nella sinistra e nel sindacato ha da tempo messo in guardia contro il disegno di svalorizzazione del lavoro che è stata sistematicamente perseguita in questi ultimi decenni, basti pensare ai licenziamenti alla Fiat di Melfi, al tentativo di far regredire all’’800 la condizione operaia come a Pomigliano, oppure alla recente disdetta del contratto nazionale dei meccanici avvenuta per mano di Federmeccanica per colpire la Fiom, come tra l’altro ha candidamente dichiarato la stessa Marcegaglia”.
“Non solo. Quel disegno di governo e Confindustria – continua Romaniello – si sostanziano nel voler cancellare il contratto nazionale di lavoro, lo Statuto dei lavoratori e il diritto di sciopero. Un attacco generale e senza precedenti alla Costituzione e ai diritti al quale si aggiunge l’avvertimento dell’amministratore delegato Fiat: se non si raggiunge la competitività come dice lui, vale a dire con l’organizzazione e i ritmi di lavoro che si vogliono imporre a Melfi e con meno diritti ed identico salario, la Fiat potrebbe emigrare”.
“Ci sono dunque – dice ancora Romaniello – tutte le condizioni perché si riprenda in Basilicata quella iniziativa politico – istituzionale unitaria che, intorno alla vicenda tutt’altro che conclusa dei tre operai di Melfi licenziati e non ancora reintegrati in fabbrica, ha registrato prima una mozione condivisa da tutti i capigruppo consiliari e successivamente la ritrovata unità del fronte del centrosinistra. E’ evidente che la posta in gioco è più alta: la frammentazione e la contrapposizione oggi presenti nella società e nel mondo del lavoro richiedono la cancellazione della legge 30 e quindi di ricomporre il mondo del lavoro, di estendere e rendere universali i diritti, a cominciare dallo statuto dei diritti dei lavoratori, di tutelare allo stesso livello il lavoro dei migranti”.
“Ma – conclude Romaniello – la rivalorizzazione del lavoro non può essere conquistata se non si stabiliscono e applicano, anche per legge, regole democratiche sulla rappresentanza sindacale, che comprendano il diritto dei lavoratori a pronunciarsi con voto segreto sugli accordi e se non si impone il diritto di informazione sulle scelte strategiche delle imprese, se non si avvia una nuova stagione di protagonismo dei lavoratori”.