Vaccaro (Uil): con Fondo sovrano “cassa” Regione al sicuro

"Capisco che la prima emergenza per il Governo Regionale è oggi quella di “rastrellare” dal barile tutte le royalties possibili per affrontare la dura prova di settembre dell’Assestamento di bilancio ma, probabilmente, se fosse stata accolta, già da qualche anno, la nostra proposta di istituzione del Fondo sovrano, sarebbe stato più facile reggere di fronte alla consistente riduzione delle royalties". Lo dichiara in una nota Carmine Vaccaro, segretario regionale della Uil Basilicata.
"La scelta del Fondo sovrano regionale – vorrei ricordarlo – è ispirato da due sentimenti-guida: quello della generatività delle commodities da far attecchire alla economia delle famiglie e delle imprese lucane, massimizzandone i risultati. E poi il sentimento della generosità e della ‘distesa sul futuro’ spostando quote cospicue degli introiti verso le nuove generazioni. Ovviamente, per ritornare all’emergenza di cassa, perché con royalties minori i rischi sono tanti, lo strumento è utile ad affrontare anche situazioni contingenti come quella attuale e che si ripeterà nel nuovo anno a causa del blocco della produzione di petrolio e a causa delle oscillazioni verso il basso della quotazione del barile.
Il Fondo – la nostra idea è sul modello norvegese tradotto nelle competenze e nella strumentazione regionale – arricchito da un impiego prudente sul mercato finanziario, proietta la programmazione al futuro e al dopo-petrolio alimentando un flusso di risorse utili, sia come accumulo di ‘previdenza sociale’ per i cittadini lucani e sia per costituire uno stock di risorse a ‘tesoreria regionale’, da investire nello sviluppo del territorio. Esperienze straniere (ad esempio quella dell’Alberta Heritage Savings Trust Fund) mostrano che per ogni euro depositato nel fondo, si possono creare circa 1,7 euro di redditi da investimenti finanziari, riversati sul territorio anche come investimenti per lo sviluppo. Un esempio: investimenti in quote azionarie della Fca e dell’Eni.
L’aggregato delle cifre incamerate dalla regione nei prossimi anni e che potrebbero essere conferite al Fondo è notevole. Nei prossimi 10-20 anni l’indotto del barile petrolifero genera 10-12 miliardi di euro (con qualche ribasso dovuto al 2016), comprensivi dell’introito dell’ Ires ottenuto con la negoziazione sullo Sblocca Italia. A questi valori si possono aggiungere ulteriori risorse rivenienti da politiche di valorizzazione dell’acqua (e dalle concessioni per lo sfruttamento di acque minerali attualmente incassate dalla Regione) e dei prodotti delle foreste demaniali (quantificabili in circa 18,6 Meuro di introiti all’anno). Il Fondo rimarrebbe investito fino alla sua scadenza (fra 70-80 anni) e, con una gestione accorta (Norway Model), potrebbe avere un rendimento annuo medio prudenziale del 3-4% e quindi fruttare, a scadenza, circa 56-60 miliardi. Da esso potrebbero generarsi valori alimentati da project bonds e da project financing destinabili ad interventi di sviluppo con una “potenza di fuoco” di almeno 150 Meuro all’anno.
L’obiettivo del Fondo – sottolinea Vaccaro –  non è quello di erogare immediatamente provvigioni ai cittadini, ma di creare una riserva di valore crescente, da spendere quando il petrolio scemerà, per ristorare le future generazioni, stimando una curva di invecchiamento della popolazione. La gestione del Fondo richiede naturalmente approfondimenti. Una prima ipotesi è quella di una Banca regionale di sviluppo, a formula mista pubblico/privata, a partire dall’attuale Sviluppo Basilicata e qualificata come ‘finanziaria regionale’ iscritta all’albo degli intermediari finanziari, tenuto dalla banca d’Italia.
C’é dunque una relazione stretta tra i ‘beni comuni’, l’identità ed il futuro della regione. L’ ha spiegata bene Giuseppe De Rita (Censis). Una relazione che tuttavia deve essere intessuta, architettata perché non è un dato naturale. Ci vogliono le basi di un nuovo costruire per combinare la risorsa idrica, quella appenninico-forestale e del paesaggio e quella dell’energia petrolifera. Gli esperti concordano su di un approccio multi-strumentale per valorizzare questi assets: il modello del ‘contratto di fiume’ come luogo vasto per recuperare e ricucire ‘fragilità’ territoriali; la creazione di un ‘Distretto energetico’ che potrebbe essere affidato come capo holding ai players delle società estrattrici, con garanzia di tempi e di risultati; piani ‘generativi di sviluppo locale’ inscritti nell’atto concessorio alle società energetiche con precisi parametri-obiettivo assegnati nell’atto concessorio; l’Agenzia forestale con i compiti di attuatore forte delle politiche per le aree montano- boscate. E in questo scenario agisce il Fondo sovrano regionale che nasce dalla straordinarietà ed eccezionalità degli introiti derivanti da risorse naturali. Un ‘fondo sovrano’ in cui riversare le risorse rivenienti dai proventi dei ‘beni comuni’ ,gestito con competenza ed a proiezione di lunga durata e titolarità del popolo e delle famiglie lucane".

Bas 05

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