Suinicoltura: cia lancia allarme

Il settore della suinicoltura lucana vive nel dramma. I produttori sono in grave emergenza. Centinaia di imprese rischiano di chiudere. C’è bisogno di una svolta reale. E’ quanto sottolinea il responsabile dell’Ufficio Economico della Cia-Confederazione italiana agricoltori Paolo Carbone che punta il dito contro l’assenza di un piano regionale di settore e lo stop ai programmi specifici destinati agli allevatori del suino nero, razza autoctona che in Basilicata potrebbe sparire del tutto.
Ormai –aggiunge il dirigente della Cia- il periodo dei Tavoli e delle intese interprofessionali mai rispettate deve finire. Il ministero ha convocato un Tavolo a cui partecipano tutti gli attori del comparto suinicolo per proporre un nuovo “Piano di settore della filiera suinicola”. Ma giova ricordare che già nel lontano dicembre 2007 si era arrivati alla firma di un “protocollo di intesa della filiera suinicola” che conteneva, all’articolo 2, le azioni del Piano di settore. Tuttavia, la situazione non è cambiata. E’ successo di peggio. Lo scenario in questi anni si è aggravato ulteriormente, con pesanti conseguenze per le imprese. Gli allevatori hanno continuano a produrre in perdita: circa 20 euro a suino. Nessun provvedimento concreto è stato attuato.
Quanto alla situazione specifica lucana, secondo Carbone, bisogna garantire l’assistenza tecnico-veterinaria ai pochi allevatori del suino nero e garantire la prosecuzione della loro attività. Le criticità da affrontare sono note da tempo. Per prima cosa l’accesso al credito, in modo di dare finalmente alle imprese di allevamento la capacità di proseguire l’attività, adeguando le strutture alle nuove esigenze del mercato. Gli allevatori -sottolinea la Cia- sono pronti a confrontarsi sui temi della diversificazione produttiva (quanti e che tipo di suini produrre), ma l’industria di macellazione e trasformazione deve cessare di scaricare sul prezzo del suino i propri problemi di commercializzazione con la Grande distribuzione organizzata (Gdo). In questo senso il ministero deve, una volta per tutte, impegnarsi per sostenere le forme di concentrazione del prodotto degli allevatori che portino, altresì, alla definizione di nuove modalità contrattuali di filiera.
Anche per quanto riguarda l’etichettatura di origine delle produzioni la Cia crede che sia giunto il momento di smetterla con leggi e decreti che servono solo a fare comunicazione. Occorre, al contrario, procedere in modo spedito con interventi credibili che permettano concretamente, in etichetta, di far conoscere al consumatore la provenienza di ciò che mangia. Dobbiamo, inoltre, dare voce reale alla parte agricola all’interno dei Consorzi di Tutela, particolarmente importanti nel settore suinicolo specie nel Melandro e nella collina materana.
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