Simonetti (Csres) su riutilizzo capannoni industriali a PZ

“Riutilizzo dei capannoni, delle aree industriali e dei beni pubblici:senza cementificazione e attacco al territorio. A Potenza vogliono fare una colata di cemento armato di 35.000 metri cubi con nuovi supermarket,centri direzionali,alberghi,zone espositive”. È quanto dichiara in una nota stampa il presidente del Centro studi e ricerche economico sociali (Csres), Pietro Simonetti.
“A tutto il 2017 in Basilicata ci sono circa 100 capannoni, o strutture similari, di cui una ventina finanziati dalla Legge 219/81ed i restanti con le leggi 488/92 e  64/74, non utilizzate e molto spesso preda di ladri di rame e di impiantistica.
Come già ripetutamente ricordato in un passato recente, scorrendo l’elenco delle aziende emergono situazioni di spreco e di scarsissimo utilizzo. Sono i casi della ex Abl di Balvano, 17.000 mq. di superficie ad oggi 0 dipendenti, oppure della ex Ets di Tito che occupava 250 lavoratori, ora qualche decina, oppure della Sinoro mai entrata in produzione.
Molte di queste aziende – commenta Simonetti-  sono da anni in  gestione fallimentare o sono state svuotate degli impianti che sono tornati alle aziende produttrici in Italia o vendute all’estero: Standartela, Ets,  Etm, Abl, Parmalat, e tante altre. Nell’agglomerato di Potenza, che secondo le convenzioni stipulate doveva essere in gran parte riconsegnata al Comune e’ in corso una ennesima operazione di speculazione edilizia dalle dimensioni gigantesche: oltre 35.000 metri cubi di colata di cemento su una area di oltre 70.000 mq. per la realizzazione di altri supermercati, centri direzionali, attivita’espositive e ricettive.
Parliamo dell’area ex Magneti Marelli, venduta nel 2009 dalle ex industrie del Basento ad una societa’ Milanese, con collegamenti locali, per la realizzazione di un centro intermodale logistico che doveva – almeno in teoria – anche recuperare una ventina di ex dipendenti della azienda venditrice.
Sono passati otto anni – spiega ancora il presidente del Csres – e nessun centro logistico e‘ mai stato realizzato, di quelle venti unità nessuna notizia mentre la proprieta’ e’passata di mano in mano con la sola registrazione significativa dell’allargamento dell’area attraverso l’acquisizione di altri lotti, compresi quelli della Curia e del Demanio, quest’ultimo venduto senza gara e avviso, con il timbro dell’Asi.
Sono state innestate richieste di modifica del piano regolatore per innalzare al 50% l’indice di costruzione,variare gli itinerari stradali per la realizzazioni di attivita’al di fuori della competenza dei Consorzi ed evitata con una serie di manovre – continua –  la valutazione di impatto ambientale, che stravolgera’ l’intera area e dara’un colpo definitivo alle strutture commerciali medie e piccole  esistenti nell’area potentina, nella quale l’unica cosa che spicca in maniera vistosa è la elevata concentrazione di supermarket.
Sarebbe il caso che il non più nuovo Assessore Regionale alle Attivita’ Produttive e l’appena nominato Commissario Straordinario del Consorzio Industriale di Potenza, Amministratore Unico – prosegue Simonetti – valutassero attentamente ed in maniera puntuale la pratica sopra evidenziata, in uno al comportamento degli uffici regionali, comunali e dello stesso consorzio, nell’ambito degli accordi iniziali per il Centro Intermodale, dei successivi passaggi amministrativi e valutativi anche alla luce della scadenza dei piani urbanistici di agglomerato e della intervenuta dichiarazione di incostituzionalita’ delle proroghe e di altri  atti adottati dagli stessi Consorzi Industriali.
E’ evidente che l’ex Magneti Marelli va riutilizzata nell’applicazione delle norme. Senza stravolgimenti urbanistici e territoriali, corsie privilegiate ed attivita’ non previste nell’attuale legge.
Siamo  in Basilicata  di fronte a immobili e infrastrutture di un valore stimabile almeno  in 200 milioni di euro.
Occorre notare- afferma –  che la riassegnazione di suoli e strutture e’ fallita  assieme ai bandi di reindustrializzazione. L’ultima legge approvata per il risanamento dei consorzi industriali e’ completamente disapplicata : nemmeno uno stabilimento è stato riutilizzato  con le nuove norme mentre l’indebitamento dei consorzi viaggia attorno ai 100 milioni di euro.  La valutazione sugli esiti delle politiche industriali del post-terremoto e del periodo successivo comporta l’analisi di uno scenario che vede l’industria manifatturiera italiana, in particolare quella del Mezzogiorno, in una fase di ristrutturazione di processo e di  prodotto anche in relazione all’iper ammortamento previsto dalle normative sull’industria 4.0. Attualmente la Basilicata ha il piu’ alto tasso di attivita’manifatturiera nel Sud Italia.  
In questo scenario, si colloca il processo di ristrutturazione del settore automobilistico, dalla ideazione alla vendita. In Italia circa – asserisce Simonetti – 1.400.000 persone lavorano nel comparto automobilistico e una parte degli occupati in questo segmento, componentistica compresa, sono allocati in Basilicata e Campania. La ristrutturazione del sito di Melfi ha prevalentemente sostenuto l’aumento del  Pil lucano negli ultimi due anni, con un calo negli ultimi mesi. Alcune delle aziende finanziate con i fondi del post terremoto, come la Ferrero, la Barilla e altre mantengono posizioni di rilievo nelle attivita’ manifatturiere lucane.
La proposta di riutilizzo dei capannoni del dopo sisma e del successivo trentennio, rimane di assoluta attualita’ anche in relazione alle ristrutturazione degli apparati produttivi e del rientro di talune produzioni dall’estero”.
“Occorre – per il presidente Csres-  elaborare un progetto che ridia senso alla programmazione industriale ma soprattutto ridefinisca il ruolo dei consorzi industriali con un solo Ente guidato da persone competenti di livello internazionale con adeguate strumentazioni e politiche di cattura degli investimenti anche esteri.
La recente nomina  di un esperto in fallimenti e liquidazione all’Asi di Potenza dovrebbe permettere l’attuazione della Legge di risanamento in uno con il parallelo riuso del patrimonio Regionale e dei Comuni che si attesta come detto attorno i 200 milioni (Aree, immobili, terreni e infrastrutture).
La situazione economica attuale determina, soprattutto nelle aree interne dell’arco appenninico, che corrispondono in parte alle aree terremotate, una gravissima crisi demografica che, se non affrontata, diventerà la causa prima dell’impossibilità di risolvere la questione della creazione del reddito,dell’occupazione e del mantenimento dei servizi.
Mentre nelle altre aree italiane – ribadisce ancora Simonetti –  in particolare del centro-nord, la caduta demografica e la mobilita’  e’ stata compensata dai flussi migratori in entrata, anche con il contributo di una quota di giovani provenienti dal Mezzogiorno, nelle zone interne i flussi migratori  dall’estero sono di passaggio e sostanzialmente legati per un terzo ai lavori di cura degli assistenti domestici.
In Basilicata, su 44.000 lavoratori migranti occupati nel 2017 nei diversi comparti, la quota delle assistenti domiciliari corrisponde quasi al 45% del totale di forza lavoro.
Tale situazione reclama con forza un piano di ripopolamento anche per riutilizzare le case sfitte dei centri storici dei piccoli comuni e in particolare quelli ricostruiti bene con i fondi della legge 219.
Occorre – sostiene – creare un una agenzia di scopo che gestisca l’organizzazione dei flussi di mobilita’ in entrata. In questo momento sempre in Italia ci sono oltre 200 mila profughi richiedenti asilo, in Basilicata sono ospitati circa 3000 persone . Circa 23.000 stranieri sono residenti, 2.800 bambini e giovani sono inclusi nel sistema scolastico. Bisognerebbe  lavorare anche per il rientro dei giovani lucani che studiano in Italia e all’estero.
La centralizzazione dell’intervento, attraverso la mano pubblica, le associazioni e le parti sociali diventa essenziale per l’attuazione di un tale progetto che dovrebbe anche provvedere alla formazione professionale e misure per il riutilizzo, la manutenzione delle case sfitte .
In questa regione ci sono circa 4.000 lavoratori espulsi del sistema produttivo ed attualmente in cassa integrazione oppure inseritivi nella platea del reddito di inserimento.
Circa 6.000 lavoratori utilizzano i fondi regionali e quelli del petrolio per le attività di forestazione e manutenzione ambientale.
Solo in questi segmenti  – ritiene ancora Simonetti – abbiamo quindi oltre 10.000 lavoratori che a fronte di una proposta di riuso dei siti manifatturieri inutilizzati, una diversa ed efficace manutenzione e la salvaguardia ambientale, le attività di ricerca e di sviluppo, la qualificazione del sistema formativo e scolastico possono, insieme ai disoccupati, ai neo-laureati e ai diplomati, ai migranti, diventare il motore per sostenere  una piattaforma programmatica per un modello di sviluppo diverso
L’industria pulita – dichiara – sia dei polimeri solidi e liquidi che sostiene l’industria estera che quella italiana nella componentistica auto, nel ciclo della plastica, nella sanità e nella farmaceutica, e’ una prospettiva importante. Strategica può essere la ricerca e l’utilizzo dell’idrogeno. Quindi un vero e proprio distretto per la lavorazione polimeri e delle nuove energie. L’utilizzo dei polimeri nelle nostre aree potrebbe cambiare il paesaggio produttivo e occupazionale trattandosi di attivita’ non inquinanti per rifornire i distretti industriali che utilizzano i prodotti realizzati in Basilicata che nel contempo diventerebbe un polo molto importate.
Accanto, in stretta connessione a tale ipotesi, avanza con forza l’uso della risorsa idrica, delle energie alternative.
Un ruolo particolare potrà svolgere la riconversione del sistema formativo e scolastico, non solo sul piano occupazionale, ma anche  la riforma della pubblica amministrazione, della gestione delle aree di disagio e delle poverta,’ come l’innovazione nell’organizzazione del lavoro anche a livello di processo e di prodotto, inclusi il comparto artigianale e dei prodotti tipici e degli antichi mestieri, quindi nuove pratiche formative a partire da quella continua.
Il tema della logistica e della mobilità- conclude Simonetti –  non  potra’ essere affrontata secondo i canoni delle politiche della ex Cassa per il Mezzogiorno. Diventa essenziale, nelle aree interne, la manutenzione stradale, urbana e abitativa.
La rivendicazione di opere pubbliche faraoniche, di assi stradali frequentati da pochi, di aree artigianali senza artigiani, di aeroporti senza aerei e così via, deve lasciare il passo all’aggregazione dei servizi comunali e alla loro gestione, al rafforzamento del trasporto pubblico con il nuovo piano in gestazione”.

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