Simonetti (Cseres) su autonomia differenziata

Riceviamo e pubblichiamo una nota di Pietro Simonetti, del Centro studi e ricerche economiche e sociali (Cseres)

“Una volta si chiamava Federalismo adesso è denominata Autonomia differenziata .Cambiano le parole non la sostanza: meno trasferimenti statali al Sud per 3,3 miliardi di euro secondo quanto previsto dalle attuali proposte governative che saranno decise tra pochi giorni. In concreto la Lombardia, il Veneto e l’Emilia Romagna avranno 2,7 miliardi in più. Al Sud l’Abruzzo perderà 64 milioni, la Basilicata 150, la Calabria 260, la Campania 696, il Lazio 1.770. I dati sono stati diffusi dalla Università di Ferrara, con una analisi degli economisti Leonzio Rizzo e Riccardo Secomandi, tenuto conto del testo concordato diffuso dal Dipartimento per gli Affari Regionali e le Autonomie. Si tratta di una scelta che spacca il Paese in due ed aggraverà i divari con ricadute pesanti sulla formazione del Pil, i redditi e l’occupazione. Tutto questo avviene senza una iniziativa di contrasto delle Regioni Meridionali e mentre in Basilicata, al netto di qualche iniziativa del sindacato si registra un silenzio assordante a livello Istituzionale dove, al di fuori della richiesta di discussione in Consiglio regionale, non si è consapevoli dei giochi e delle trattative nazionali e delle gravi ricadute che si avranno se passa la linea della riduzione dei trasferimenti in uno con i tagli ulteriori previsti a partire dalla Sanita, scuola ed altro. Si manifesta interesse per la Zes, Zona Economica Speciale, che ha una posta finanziaria triennale per Puglia e Basilicata di 50 milioni, che si regge sul credito d’imposta e nel contempo si sottovaluta la situazione che si va determinando con la modifica delle politiche fiscali e di bilancio. Prevale l’assenza a livello Nazionale del ruolo della Basilicata e delle altre Regioni mentre si intensifica l’attività della fabbrica dell’odio politico e culturale in un quadro di improvvisazione e superficialità che non tarderanno ulteriormente ad influire sui redditi, l’occupazione, la qualità della vita e sulla struttura sociale indebolita dalla grave situazione demografica in atto nel Paese ed in particolare in Basilicata. Esattamente il contrario di un confronto serio e civile su cosa fare ,dove ,e come recuperare il metodo della programmazione a tutti i livelli per un uso ottimale delle risorse umane e finanziarie, a partire dalla Pubblica Amministrazione e dalle politiche industriali specialmente in una fase di forte ristrutturazione dei sistemi di produzione e dei servizi”.

 

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