Per il consigliere di Sel “politiche nazionali mirate in materia di lavoro e sviluppo accompagnate da una più avanzata capacità di spesa produttiva regionale, possono far sperare i giovani lucani e del sud in un futuro migliore”
“La lettura della sintesi del rapporto Svimez presentata ieri a Roma, conferma le preoccupazioni circa l’aggravamento della situazione sociale, economica e produttiva del mezzogiorno rispetto al resto del Paese, che se pure attraversato da una crisi mai registrata negli ultimi 50 anni, fa registrare uno stallo con timidi segnali di inversione di tendenza”. E’ quanto afferma il consigliere regionale di Sel, Giannino Romaniello secondo il quale “soffermarsi sulla sola lettura dei dati, così come pure alcuni fanno, e dichiarare che la Basilicata è messa peggio anche rispetto ad altre regioni del sud è cosa facile, più complesso e difficile è avanzare proposte ed introdurre correttivi alle politiche sociali e di sviluppo capaci di coniugare ripresa, welfare e disponibilità finanziarie”.<br /><br />“Relativamente ai dati pubblicati – prosegue Romaniello – ci si sofferma quasi sempre solo sul Pil, sulla disoccupazione (tasso ufficiale) sottovalutando in particolare quelli relativi al tasso di ‘disoccupazione corretta’ che raffrontato con il ‘tasso di attività’ dà la drammatica dimensione del complessivo contesto negativo della situazione del mezzogiorno rispetto al resto del Paese. Come per il Paese, ancor più per il sud, la priorità è impedire la desertificazione produttiva e quindi la urgente necessità di politiche industriali attive capaci di rafforzare il sistema delle Pmi sostenendole nei processi d’innovazione tecnologiche e penetrazione nei mercati globali. Ai tanti commentatori è sfuggito un dato che io considero dirimente ai fini della inversione di tendenza, e cioè quello relativo all’importo degli aiuti di Stato alle imprese, ma cosa ancora più importante, alla rinuncia da parte del pubblico ad interventi diretti in economie, sia attraverso la creazione eventuale di banche pubbliche con specifica missione e sia di istituti di ricerca per la innovazione e trasferimenti di tecnologia. Non si tratta di riproporre il vecchio statalismo/assistenzialismo, quanto piuttosto di sapere che senza interventi mirati dello Stato capaci di migliorare/ampliare i fattori di contesto ai fini di uno sviluppo duraturo e di qualità. Va aggiunto a tutto ciò che nel triennio 2009-2011 (Governo Berlusconi) vi è stata una ulteriore penalizzazione per le imprese/territori meridionali, basti pensare che al sud i tagli ai trasferimenti alle imprese sono stati del 25%, mentre al nord sono stati del + 7,%, confermando una volontà politica tendente ad abbandonare a se stesso il mezzogiorno, non capendo che l’Italia può farcela ed entrare a pieno titolo in Europa, solo se riparte lo sviluppo anche nel sud del Paese contrariamente a quanto sostengono i leghisti”.<br /><br />“In sintesi – sottolinea l’esponente di Sel – il rapporto conferma che è passato nei precedenti governi l’antimeridionalismo leghista e che se riparte il Nord, forse vi può essere qualche spiraglio anche per il mezzogiorno. Giusto l’opposto di quanto ha fatto la Germania a seguito della unificazione, nonché quanto messo in campo verso le aree più deboli da parte di Francia e Spagna. Si tratta pertanto di rovesciare questo approccio, di assumere il tema della riduzione del gap fra Sud e Nord quale fattore distintivo nella allocazione delle risorse per infrastrutture, sostegno alle imprese e ricerca per un necessario ‘cambio di passo’ del Paese”.<br /><br />“Infine, quanto emerso con il rapporto – afferma il consigliere – evidenzia la necessità di ripensare alle politiche del lavoro e del welfare, partendo dall’oramai inderogabilità della riforma delle politiche di sostegno al reddito, superando la miriade di strumenti in materia, ed unificandoli in un unico strumento a valore universale qual è il reddito minimo/cittadinanza, unitamente ad una strategia di politiche innovative su formazione e inclusione sociale e politiche per l’impresa se si vuole ricollocare l’Italia fra i primi sette paesi più industrializzati del pianeta. Politiche nazionali mirate in materia di lavoro e sviluppo – conclude Romaniello – accompagnate da una diversa e più avanzata capacità di spesa produttiva regionale, possono far sperare i giovani lucani e del sud in un futuro migliore”.<br /><br /><br /><br /><br /><br />