PRINZI (ASS. BENE COMUNE VIGGIANO) SU LAVORO ALL’ENI

“All'amministratore delegato di Eni, Claudio Descalzi, che in occasione della Cop 21 a Parigi, ha dichiarato che “i prezzi bassi del petrolio sono diventati un fatto strutturale ma nonostante questo Eni e' tra le poche compagnie che non ha tagliato posti di lavoro”, bisognerebbe ricordargli le promesse di chi l’ha preceduto, l’ad Paolo Scaroni, sulle 2.600 nuove assunzioni in quattro anni”. Lo afferma il presidente dell’Associazione Bene Comune Viggiano, Vittorio Prinzi, per il quale “Descalzi mette il dito nella piaga: i numeri degli occupati con contratto a tempo indeterminato nel distretto Val d’Agri si fermano a poche centinaia mentre gli occupati a tempo determinato, in grande maggioranza non lucani, dopo i lavori della quinta linea del Centro Oli di Viggiano cominciano a tornare a casa. A Descalzi va ricordata anche l’esperienza del cosiddetto maxi recruiting avviato dall’Eni che nelle intenzioni sarebbe dovuta diventare una concreta opportunità soprattutto per i giovani laureati lucani. Lo svantaggio per i nostri giovani che pure dispongono di profili professionali adeguati consiste nel non poter contare su alcuna esperienza nel campo specifico. Proprio come accade con certi avvisi pubblici per contratti a tempo determinato presso la Regione e la Pubblica Amministrazione nei quali si richiede come “requisito essenziale” l’esperienza, sia pure temporanea, in attività della P.A. E’ da anni – dice Prinzi – che rivendichiamo un’attività mirata di alta formazione, ma siamo fermi al corso per 50 saldatori appena avviato, con i nostri giovani laureati tagliati fuori da ogni prospettiva. Così in attesa che Eni capisca come sia possibile uscire dalla difficile congiuntura internazionale del petrolio non solo tagliando investimenti e costi, resta sempre attuale il problema di come garantire imprese e lavoratori dell’indotto ENI, che a breve si troveranno senza commesse e senza lavoro, già solo per mantenere l’attuale livello occupazionale, e chiedono il rispetto degli accordi ENI-Regione del 1998. Tutto ciò, si provi ad immaginare, prefigura ed anticipa quella malaugurata situazione in cui la Basilicata e il territorio della Val d’Agri verrebbero a trovarsi a seguito di una eventuale moratoria o riduzione dell’attività estrattiva, oggi a causa del deprezzamento del petrolio e domani, da qui a 15/20 anni, quando il petrolio non ci sarà più, a causa della sua definitiva chiusura. Un disastro socio-economico per un territorio, come la Val d’Agri, cresciuto illusoriamente solo intorno alla risorsa petrolio e per una Regione abituata ormai a far quadrare i conti ordinari del suo bilancio ricorrendo a risorse straordinarie. Ecco la sordità e la cecità che poco e in modo effimero garantisce per l’oggi e che si rifletterà catastroficamente sul domani, a causa di un’azione politica regionale e locale – sottolinea Prinzi – corta e assopita sulla gestione dell’immediato, tutta schiacciata sull’ottenimento del consenso, e per niente orientata da progetti e processi che portino a costruire, pur con fatica, il futuro con le risorse che abbiamo. Altri, in verità, gli impegni e le aspettative della scommessa sul petrolio al tempo degli accordi Stato-ENI-Regione Basilicata, allorquando si guardava al petrolio come ad una marcia in più per lo sviluppo del territorio interessato dalle attività estrattive, ossia ad una risorsa che non si sostituiva ma si aggiungeva a tutte le altre, per realizzare la compatibilità tra tutte le risorse del territorio e mirare ad uno sviluppo vero ed integrato, con l’impiego delle risorse finanziarie, le royalties, derivanti dal petrolio stesso. Ne abbiamo fatto finora un territorio aggredito e rapinato di tutte le sue risorse, naturali e finanziarie con bassissima occupazione”.bas 03

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