Il capogruppo Lb-Fdi: “Le attività estrattive preferiscono pagare trasferte a residenti fuori Regione piuttosto che impiegare persone del luogo, comportamento avallato dall’indifferenza dell’istituzione che dovrebbe tutelarle”
“250 lavoratori siciliani giungono in Val d’Agri per lavorare all’Eni. L’industria petrolifera, esaltata dai governi di centrosinistra lucani, passati e presenti, che doveva portare prosperità e lavoro alla piccola Lucania, importa lavoratori da altre Regioni”. Lo ha detto il capogruppo di Lb-Fdi in Consiglio regionale, Gianni Rosa, che ha presentato oggi un’interrogazione al presidente della Giunta Pittella “per conoscere quali azioni politiche intende adottare affinché l’Eni privilegi l’occupazione dei tanti disoccupati lucani”.<br /><br />“Non si tratta di razzismo regionale o di campanilismo – afferma l’esponente di Fratelli d’Italia – Alleanza Nazionale -, come pure qualcuno vorrebbe far intendere denotando, con tali affermazioni, di essere affetto da quel populismo di cui spesso ci accusano. Ma del resto, si sa, ognuno ‘tira l’acqua al suo mulino’. Solo che mentre ‘il mulino’ di certi è denigrare ogni e qualsiasi proposta e bollarla come ‘razzista, xenofoba e non solidale’, probabilmente per un vuoto di argomentazioni; ‘il mulino’ di chi rappresenta una Regione è quello costituito dall’interesse del territorio di cui è espressione. Non di quello degli altri. Non è un caso che, come i sindaci lucani sono preoccupati per la mancata assunzione di manodopera locale da parte dell’Eni, anche i sindaci siciliani si lamentano per lo spopolamento lavorativo che questi ‘comandati’ dell’Eni provocano nei loro territori. Cosa sarebbe questo: razzismo al contrario? No, tutela della popolazione che ci ha onorato di rappresentarla”.<br /><br />“Lo sappiamo che per le forze di centrosinistra, che pensano di governare per ‘diritto divino’, i concetti di rappresentanza e di tutela del territorio sono concetti alieni. Ma per noi che viviamo tra la gente e, nel nostro piccolo, cerchiamo risolvere i problemi dei lucani, il lavoro delle persone che rappresentiamo viene prima di tutto. Lavoro che, nelle politiche regionali, è ridotto a corsi di formazione e lavori di pubblica utilità, a contratti a tempo determinato nelle pubbliche amministrazioni. I proclami della campagna elettorale, i famosi ‘15.000 posti di lavoro’, sono rimasti proclami, spot buoni a buttare fumo negli occhi. In più di un anno di legislatura, non una sola politica regionale è stata messa in campo per supportare lavoro ed imprese. E non è mistificazione della realtà. Lo ammise anche l’assessore Liberali, rispondendo ad una nostra interrogazione sulle misure dello ‘Small business Act’. È confermato dalla rimodulazione dei Fondi europei, in cui la cifra destinata alle imprese è passata da 10 milioni a 1 milione e 600.000”.<br /><br />“Se, a tutto ciò – conclude Rosa -, si aggiunge anche che le poche attività produttive operanti in Lucania, quali quelle estrattive, preferiscono pagare trasferte a residenti fuori Regione piuttosto che impiegare persone del luogo, comportamento avallato dall’indifferenza dell’istituzione che dovrebbe tutelarle, si comprende come la strategia della sinistra di governo è quella di farci diventare o tutti dipendenti pubblici a contratto determinato, facilmente controllabili elettoralmente, o tutti ‘assistiti’ a 450 euro al mese, parimenti controllabili. Dunque, il problema non è: siciliani sì, siciliani no. Il problema è: perché lucani no? Allora, meglio far passare per ‘discriminatoria’ la tutela della popolazione cui si deve rispetto e che si rappresenta e non, in nome dello sterile buonismo propagandato dalla sinistra, svendere i diritti dei lucani. Siamo sicuri che, per alcuni, le nostre affermazioni sono tipiche della opposizione disfattista e campanilista, ce ne faremo una ragione. Ma siamo altrettanto sicuri che i sindaci siciliani ci comprenderanno. Loro farebbero lo stesso”.