Parità, consigliere su caso dipendenti Agenzie Entrate di Palermo

La Consigliera Regionale di Parità Maria Anna Fanelli e le Consigliere di Parità Provinciali di Potenza e Matera Liliana Guarino e Stefania Draicchio aderiscono al Documento della Rete delle Consigliere di Parità in merito al caso delle dipendenti dell’Agenzia delle Entrate di Palermo molestate.
“Non pensavamo – affermano – di dovere di nuovo commentare atti a sfondo sessuale, che, avvenuti all’interno di un posto di lavoro su segnalazione prima di una vittima di tali atteggiamenti, e di denuncia poi, da parte del dirigente responsabile, hanno visto da parte del Tribunale di Palermo una sentenza che ne esclude il carattere sessuale e quindi assolve l’imputato responsabile di tali comportamenti.
Sbalordisce la valutazione complessiva che emerge dalla sentenza, e cioè che lo spirito giocoso dell’imputato giustifichi parole e azioni sgradite dalle parti offese, laddove è concretamente dimostrato dalle testimonianze riportate nella sentenza, la volontà dell’imputato di invadere la sfera sessuale delle colleghe.
Inquieta inoltre la caratteristica ”multipla” e quotidiana delle azioni che coinvolgevano non un solo soggetto ma un insieme di vittime  che avevano comunque la caratteristica di essere sottoposte gerarchicamente, rendendo questo atteggiamento ancora più odioso.
Non è ovviamente nostro compito quello di entrare nel merito dell’esclusione “dell’elemento oggettivo” operata dal Tribunale di Palermo che invoca una sentenza della Corte di Cassazione, ma è sicuramente nostro, il ruolo di rivendicare il diritto al rispetto della persona e delle norme che lo tutelano conquistate attraverso un faticosissimo percorso. Nostro è il compito di contestare con forza questo atteggiamento che, purtroppo, incontriamo troppo spesso nel nostro lavoro e contro il quale siamo legittimate ad intervenire per correggere e rimuovere questi atteggiamenti. Forti di questo nostro compito diciamo senza ombra di dubbio, che la sentenza del Tribunale di Palermo non ci piace".
Inoltre, "negli ultimi tempi, anche se se ne parla sommessamente, soprattutto –  in alcuni segmenti del mercato del lavoro ed in alcune zone geografiche del nostro Paese-  è in grave e silenzioso  aumento la “sottomissione” ad atti di molestie e violenze sessuali di donne  sui campi in agricoltura e sui luoghi di  lavoro. Per questo c’è bisogno di “allertare” chiunque su questi disumani episodi che, soprattutto nel settore di lavoro  privato si preferisce “tacere ob torto collo”  per evitare il licenziamento e la perdita di risorse economiche".
Nell'esprimere la massima solidarietà a tutte le  donne  dipendenti,  vittime di molestie, le consigliere di parità  manifestano "forte stupore e perplessità in merito alla recente sentenza che assolve L’ex Direttore dell’Agenzia delle Entrate Dott. Lipari; una sentenza che, se non scandalosa,  è sicuramente discutibile e che pare aver ignorato  la sensibilità e la dignità delle lavoratrici .
I pronunciamenti della magistratura si accettano – tuttavia  non ci si  può astenere dal considerare inaudito che l'accaduto possa essere archiviato come un semplice scherzo, così come è assurdo bollare come non lesivo il gesto dell'ex direttore solo perché  'non vi sarebbe stata alcuna violenza nel compierlo'.
"Si apprende ora, in un comunicato stampa della Agenzia delle Entrate che essa stessa – aggiungono – si costituirà parte civile in quanto la vicenda ha causato un danno all’immagine dell’Ente; peccato che , parimenti  allo sdegno, si scorge la grave assenza di un procedimento disciplinare a carico di Lipari mentre era ancora in servizio, ciò offende due volte le dipendenti.
Per noi consigliere  questa  sentenza  inaugura e segna un grave precedente, secondo cui  se chi molesta non ricava piacere sessuale , non compie alcun reato; e lo sfioramento delle parti intime sono considerate una specie di scherzo che “non ha danneggiato” le vittime.
Contestiamo con forza  questo approccio  in quanto ricevere  palpeggiamenti  e/o toccamenti  indesiderati sul luogo di lavoro, rappresenta una grave  limitazione della liberta individuale, frammista ad una  forma di prevaricazione e ad una scorretta modalità di impostazione dei rapporti gerarchici all’interno del luogo di lavoro ed  una larvata intimidazione compiuta  sulla componente  più debole di un rapporto di lavoro: le lavoratrici  dipendenti. Occorre ricordare inoltre che è preciso dovere del datore di lavoro garantire il rispetto della dignità delle/dei/lavoratrice/tori  dipendenti ( art.2087 del codice civile).
A breve, in occasione dell’8 marzo assisteremo a celebrazioni, riti, miti e rievocazioni. Ma ciò non basta". Alla politica e alle istituzioni, le Consigliere di parità chiedono "una giustizia vera, buone prassi che producono una laica e civile convivenza, a garanzia della libertà e inviolabilità del corpo delle donne, esigibilità dei diritti, nel rispetto della costituzione e delle leggi, punizioni severe per coloro che usano il potere gerarchico per assoggettare le lavoratrici".

bas 02

    Condividi l'articolo su:

    Web TV

    Ultimi pubblicati

    Correlati