“Nessuno di noi ha intenzione di annullare la propria identità, né tantomeno di consegnare la nostra storia alle élite dirigenziali che hanno attraversato, indenni e al riparo, Governi di vario colore politico”
"Il direttore Paride Leporace, al netto della sua riconosciuta partigianeria, ha il merito di leggere la storia un palmo più avanti, sollecitando, nel suo pezzo ‘No Party No Regione’, i suoi lettori a costruire, ora e senza indugi, il partito della Basilicata. La questione è nota. Il ministro Patroni Griffi rilancia sul quotidiano ‘La Stampa’ (sarà un caso?) uno studio della Fondazione Agnelli presentato, per la verità, nel lontano e freddo 1992 con il quale è stato ridisegnata la nostra carta geografica. Ho letto il corposo dossier e la soluzione che il direttore della Fondazione propone. Si riduce il numero delle Regioni a 12 secondo criteri legati al ‘residuo fiscale pro capite’. Ovvero secondo l’autosufficienza delle Regioni. A sottolinearlo il capogruppo di “Io Amo la Lucania” il quale invita a “fare un passo indietro. Vediamo quel 1992. Tra un Bossi che lavorava per la disunità del Paese e uno Spadolini che ne difendeva l’Unità. Occorreva una risposta. Soprattutto nei confronti della ‘furia disgregatrice delle leghe’. E lo studio sceglie una terza via. ‘Tre regioni. Nord, Centro e Sud sono troppo poche, venti sono troppe!’ Sulla base di un semplice calcolo (prendendo i flussi di entrata e di uscita del bilancio pubblico, anche nell’ipotesi di azzeramento del disavanzo primario, suddividendoli su base regionale), sulla base di alcune giustificazioni sociali (la Padania non è un’area omogenea, il mezzogiorno non è più il regno unitario come ai tempi dei Borboni) e con un occhio al mitico Cavour (regionalismo ed autogoverno) scopre ‘i parassiti’. Parassiti che stanno nel ricco Nord (le Regioni e le Province a statuto speciale) e nel ‘solito’ Sud (Basilicata, Calabria, Molise). Ed ecco il numero magico: 12 regioni. Ovvero le dodici Italie”.
“Oggi – dichiara Navazio – occorrerebbe rifare l’analisi, attualizzandola e soprattutto agganciandola non solo ai flussi finanziari di bilancio ma anche al paniere che determina tali flussi! Altro che dodici Italie!
La soluzione è più complessa. Attiene alla vasta e molteplice partita dell’ adeguata e condivisa ripartizione delle competenze tra centro e periferia. Attiene al recupero del concetto di responsabilità. Attiene alla sovrapposizione delle competenze legislative. Termini sui cui impostare un rinnovato dibattito politico scevro dalle spinte ragionieristiche e da quelle che hanno unicamente il sapore della protesta, della voglia di cambiamento ad ogni costo. Facili da strumentalizzare”.
“La regione – continua l’esponente di Ial – deve ritornare ai compiti per i quali è stata creata:
attività legislativa e di programmazione. Abbandonare la gestione che ormai pervade ogni singola azione assessorile. Il ministro ha lanciato il sasso. Più per vedere l’effetto che fa! I tempi non ci sono. L’agenda bis di Monti non è stata ancora scritta. Sull’onda del nauseante spettacolo che abbiamo assistito nelle settimane passate si cerca di forzare i provvedimenti. A ragion veduta qualcuno dirà! La politica sta decidendo di abdicare sempre di più quote di sovranità. E l’ultima trovata dei Presidenti delle Giunte regionali che chiedono al Governo di legiferare al posto delle Assemblee legislative è la resa, quasi incondizionata, di un modo di interpretare le vicende politiche dei nostri giorni. Senza capacità di reazione non si va da nessuna parte”.
“Nessuno di noi – conclude Navazio – ha intenzione di annullare la propria identità, né tantomeno di consegnare la nostra storia alle élite dirigenziali che hanno attraversato, indenni e al riparo, Governi di vario colore politico”.