Lerra (Deputazione Lucana Storia Patria) su risultati elezioni

“Il periodo veramente democratico della storia politica dei popoli comincia nel 1789. Da allora in poi entrano in campo le masse, i popoli, le città, a produrre, ad apparecchiare, a modificare, a perturbare avvenimenti e imprese, prima non altrimenti dovute che all’impulso di un individuo, re, ministro, feudatario, o generale che fosse: allora una nuova era incomincia; e negli ordini politici fa capolino il popolo, negli ordini sociali la democrazia, negli ordini statuali la nazione. Questo carattere generale della storia moderna si verrà manifestando, benché gradatamente e lentamente, anche nella storia politica della Basilicata”. Così il moliternese Giacomo Racioppi nella prima edizione della sua Storia dei popoli della Lucania e della Basilicata (Roma, Loescher & C°, 1889, vol. II, p. 256), non casualmente pubblicata nel centenario della Rivoluzione francese ed in  un contesto nazionale nel quale andavano accentuandosi, nel Nord dell’Italia  unita, rappresentazioni del Sud quale “palla al piede” per lo sviluppo del Paese, insieme con il riemergere ed accentuarsi di lontani stereotipi e pregiudizi antimeridionali.
E' quanto evidenzia in una nota il prof. Antonio Lerra, ordinario di Storia moderna nell’Università degli Studi della Basilicata, presidente della Deputazione Lucana di Storia Patria.
"A distanza di ormai ben oltre due secoli dalla Rivoluzione francese, che rispetto all’ancien régime configurò gli ex “sudditi” come  “cittadini”, e ad oltre 150 anni dalla “difficile costruzione” dello Stato unitario, per non dire del Settantesimo anniversario della Costituzione della Repubblica Italiana, continuano a susseguirsi sul voto del 4 marzo u.s. analisi alquanto superficiali e disinvolte, in particolare rispetto ai risultati delle elezioni nel Mezzogiorno d’Italia.
I cittadini  – continua il prof. Lerra- sono cittadini a pieno titolo e come tali vanno sempre ed ovunque considerati. Anche, e direi soprattutto, quando si esprimono attraverso il voto. Anzi, sarebbe quanto mai opportuno, proprio alla luce dei risultati, andare oltre “rituali analisi” tutte interne ai luoghi di esercizio delle funzioni politico-istituzionali, magari attraverso “aperte e laiche” iniziative “di reale ascolto”, per meglio poter cogliere quanto il semplice voto numerico non sempre evidenzia, nel contempo evitando di continuare “a rifugiarsi in logiche  autolegittimanti” o da “resa di conti interni”.  Tanto più a fronte di “un’ampia frana sistemica”, dalle radici profonde e lontane.
Si, perché, tra continue sottovalutazioni ed accentuati particolarismi e personalismi, si è andata da anni accentuando in Italia una ormai dilagante “crisi del complessivo sistema politico-istituzionale”, con conseguenti “deformazioni” dello stesso rapporto  tra rappresentanze politico-istituzionali e cittadini.
Dunque, non semplice, generica e contingente “crisi della politica” ed “inadeguatezza” di larga parte delle rappresentanze politico-istituzionali, ma delle basi stesse del sistema dei partiti e del rapporto con e nelle istituzioni, oggi in Italia; gli uni sempre più caratterizzati da progressivi, cristallizzati, personalismi e marginale attenzione per progetti e programmi di respiro e di qualità, le altre sempre più svuotate di una delle dimensioni più preziose: l’autonomia ed il perseguimento dell’interesse comune  e generale, che dovrebbe sempre ed ovunque prevalere  su interessi particolari.
Il che rinvia, inevitabilmente, alla constatazione di un ormai sempre più accentuato fossato tra cultura e pratica politica, tra ruoli/funzioni istituzionali e pratiche del loro effettivo espletamento, che il recente voto del 4 marzo ha largamente “messo a nudo” più che in precedenti tornate elettorali, portando alla ribalta forti e diffusi messaggi di “cambiamento” e di “rinnovamento”, da non continuare a “sottovalutare”, ma da “capire per tenerne conto”,  con laica disponibilità all’ascolto, perché in larga parte provenienti da “cittadini” che questa volta si sono addirittura  ritrovati “dimezzati” nell’esercizio del diritto di voto, in conseguenza di una legge elettorale, di certo non figlia del caso, imperniata sul “dimezzamento del cittadino elettore”, di fatto “espropriato del 50% del suo diritto di scelta”.
Ripartire, dunque, da centralità vera e concreta per il cittadino, da convinta e coerente pratica della politica quale “bene  comune”, da un rapporto di reale cultura di servizio verso e nelle istituzioni, con rappresentanze di riconosciuto rigore e competenze, capaci di far perno su valori, principi ed idee-forza di alto profilo di cultura e di pratica politico-istituzionale.
Non è, insomma, ora di semplici ed ammantate operazioni di   “cosmesi politica”, ma di alzare sguardi ed allargare orizzonti, in una visione larga e rigorosa delle classi dirigenti, con viva e convinta attenzione per i tanti che, con rigore, competenze e professionalità, operano nella “società dei cittadini”, avendo ad obiettivo progettualità e pratiche politico-istituzionali all’altezza dei tempi e dei bisogni, per  “invertire realmente la rotta”.
Ovviamente, l’avvio di una tale “nuova stagione” richiede, anche da parte dei cittadini, l’attivo esercizio della propria soggettività politica non solo nel giorno delle tornate elettorali.
Insomma, un comune obiettivo in direzione del “passaggio” dal cittadino elettore “dimezzato” al cittadino politico, attivamente partecipe della vita di movimenti, associazioni e partiti, oltre che di quella istituzionale e, comunque, sempre attento al livello di coerenza e di operatività delle rappresentanze elettive, nel quadro di una continua e vigile attenzione al rapporto tra progetti e pratiche politiche, tra interessi generali e particolari, tra risorse investite e qualità dei risultati.
Il pur tanto conclamato rilancio e rinnovamento della politica, nella società e nelle istituzioni, non può non avere al centro, sempre, il cittadino, ma non il cittadino indistinto e “ciclicamente” chiamato “ad esprimersi” sul già “dato e deciso”, ma il cittadino anche “politicamente attivo”, forte della sua soggettività e professionalità".    
"Insomma  – conclude il professore – un cittadino per davvero protagonista di un percorso di incisiva e non più rinviabile “riforma profonda della politica”, ai vari livelli, con concorso reale a processi di rinnovamento e di selezione qualitativa delle rappresentanze politico-istituzionali, precondizione indispensabile ormai per nuovi e qualificati obiettivi di crescita e di  sviluppo, a livello centrale e locale".

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