Il garante regionale dell’infanzia e dell’adolescenza della Basilicata ha riproposto questa necessità nell’incontro che si è svolto ieri a Roma
“In Basilicata al 30 novembre dello scorso anno erano presenti 163 minori non accompagnati di cui la maggior parte diciassettenni, sei quindicenni e 7 sedicenni. Ad oggi di questi minori ne sono rimasti sul territorio lucano 87 ed il dato preoccupante è che la maggior parte dei 76 partiti dalle strutture lucane che li ospitavano non sappiamo più nulla. Non sappiamo dove sono e come stanno. Dei 76 19 hanno raggiunto la maggiore età, 4 sono stati inviati in strutture extraregionali e due hanno potuto ottenere il ricongiungimento familiare ma ben 48 sono irreperibili”.<br /><br />Lo ha detto il garante regionale dell’infanzia e dell’adolescenza di Basilicata Vincenzo Giuliano, che ieri a Roma ha partecipato all’incontro organizzato dall’Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza ed è intervenuto “per riproporre la necessità di una proposta di legge finalizzata a incentivare l’inserimento dei minori stranieri non accompagnati”.<br /><br />Il garante ha evidenziato che “si rende necessario riconsiderare l’intero sistema di accoglienza. Ho già rivolto, tempo fa, l’invito alla Regione Basilicata ed al Garante nazionale. A Roma ho voluto insistere sulla proposta di legge basata su un maggiore coinvolgimento delle famiglie”. A suo parere “il sistema di accoglienza deve essere strutturato non solo attraverso la rete delle comunità educative ma anche attraverso la partecipazione delle famiglie che si possono candidare ad ospitare i minori non accompagnati incentivandone una concreta integrazione”.<br /><br />“Secondo quanto previsto – ha continuato Giuliano- si può dare la possibilità alle stesse comunità educative di selezionare le famiglie che diventerebbero un’appendice delle comunità. I minori in tal caso non sarebbero considerati un peso per le comunità ospitanti ma una risorsa anche finanziaria. Alla luce, inoltre, della nuova legge che limita i permessi per ragioni umanitarie i ragazzi avrebbero la possibilità di restare in Italia solo per motivi di studio o lavoro. Anche di questo abbiamo parlato a Roma perché è necessario trovare nuovi strumenti utili a garantire una continuità nei progetti di inserimento iniziati a partire da una riflessione sul sistema degli affidi”.