“Il mio destino è stato segnato dalla fortuna e dalla sfortuna di avere accanto due grandi persone… li ho entrambi amati e ammirati, ma ho fatto fatica a non scomparire con la loro ombra”. Così la scienziata Filomena Nitti spiegava la sua vita di figlia dell’ex premier Francesco Saverio Nitti e moglie del Nobel per la medicina Daniel Bovet del quale fu insostituibile collaboratrice, ma che dal Nobel restò esclusa. Il tentativo di Filomena di destreggiarsi tra studi, famiglia, figli, politica e scienza è narrato nel nuovo libro di Carola Vai “Filomena Nitti e il Nobel negato” (Rubbettino editore). Una vita intensa quella di Filomena tra gioie, passioni, conquiste, successi, dolori infiniti affiancati al tentativo di non trascurare l’impegno nella scienza. Sforzo che la lasciò comunque fuori da podio del Nobel. Cosa la penalizzò?
Carola Vai, con la collaborazione di Maria Luisa Nitti, nipote di Filomena, cerca di dare qualche risposta. Il volume narra per la prima volta l’intera vita della scienziata coetanea di Rita Levi- Montalcini, premio Nobel per la medicina 1986, della quale la Vai ha scritto la biografia: “Rita Levi-Montalcini una donna libera”, (Rubbettino). Filomena e Rita, coetanee, caparbie, ambiziose, instancabili, diversissime, incrociarono spesso le proprie vite in pubblico e in privato, senza mai diventare amiche.
Filomena, nata il 10 gennaio 1909 a Napoli, ultima dei cinque figli di Francesco Saverio Nitti, meridionalista, ministro, poi Presidente del Consiglio nel 1919-1920, e di Antonia Persico, figlia del giurista Federico, trascorre un’infanzia tranquilla tra Napoli, Roma e d’estate nella casa di Acquafredda, in Basilicata. Anni felici. Fino quando Francesco Saverio Nitti per i continui attacchi delle squadre fasciste nel giugno 1924 si rifugia in esilio all’estero con la famiglia. Prima in Svizzera dove il caro-vita lo costringe presto ad andarsene. Poi a Parigi. Qui la vita di Filomena cambia totalmente. Educata a diventare una donna indipendente, a vent’anni sfida la famiglia, sposa un affascinante giovane giornalista polacco, ha due figli, si trasferisce a Mosca. Ma in poco tempo la vita della coppia da meravigliosa diventa insopportabile. Disperata, eppure coraggiosa, Filomena lascia il marito, prende i due figli, torna dai genitori. In Francia ottiene il divorzio. Riprende gli studi, diventa una scienziata. Attraverso una borsa di studio entra all’Istituto Pasteur di Parigi dove già lavorano il fratello Federico Nitti, ricercatore scientifico, e il collega e amico Daniel Bovet, svizzero emigrato in Francia per motivi professionali. L’incontro tra Filomena e Bovet sfocia presto in un grande amore e pure in una stretta collaborazione scientifica. Si sposano. Hanno un figlio, il primo per Bovet, il terzo per Filomena. A fine guerra la coppia lascia la Francia e si stabilisce in Italia, a Roma, tutte due assunti all’Istituto Superiore di Sanità, impegnati nello stesso laboratorio. Filomena Nitti e Daniel Bovet, entrambi chimici, nel loro campo diventano due star. Firmano tutti i lavori con il nome e cognome di entrambi. Fino all’ottobre 1957 quando una telefonata annuncia il Premio Nobel per la medicina e la fisiologia a Daniel Bovet. A lui soltanto. Nemmeno un cenno a Filomena Nitti, sua insostituibile collaboratrice. Perché? Carola Vai giornalista e scrittrice, nel volume “Filomena Nitti e il Nobel negato” cerca qualche risposta per togliere dal quasi oblio una scienziata sempre impegnata a fianco del collega-marito, eppure esclusa dal Nobel e dai molti riconoscimenti assegnati a lui soltanto.