Fiat, Navazio: Melfi come Mirafiori e Pomigliano?

Per il presidente del gruppo consiliare Io amo la Lucania “è arrivato il tempo di una nuova storia industriale. e’ arrivato il tempo di assumere nuove responsabilità”

“Giorni fa – ricorda Navazio – una notizia apparsa su un autorevole quotidiano economico, ‘Il
Sole 24ore’: ‘i giapponesi della Nissan chiedono sacrifici e gli spagnoli rispondono con un si massiccio all’appello. Per salvare i 3 mila posti di lavoro dello stabilimento di Barcellona gli operai hanno infatti approvato la proposta di limarsi lo stipendio e di lavorare di più. In cambio Nissan
investirà 80 milioni di euro nella catena di montaggio per produrre un nuovo pick-up. I lavoratori della Nissan accettano una serie di misure che prevedono il congelamento del salario nel 2012, un aumento limitato allo 0.5 e all’ 1.5 per cento nel 2013 e 2014, oltre ad una tantum di 350 euro alla fine del periodo, fatte le verifiche sulla produttività. Oltre ….’ . Viene riportata anche un’altra notizia. Viene annunciato – sottolinea Navazio – un ulteriore investimento Chrysler e due nuovi modelli in arrivo nel 2013 e 2014 per rilanciare lo stabilimento di Windsor, Ontario (Canada). Sergio Marchionne alla cerimonia per il lancio della produzione dei nuovi minivan era affiancato da un sindacalista, Ken Lewenza, numero uno della Caw, ‘comprensibilmente’ soddisfatto per l’aumento di produzione del 62 per cento a Windsor nel 2010. Nella stessa giornata il segretario della Fiom Basilicata, critica l’amministratore delegato del Lingotto e ricorda il blocco della fabbrica per tre settimane nel 2004. Qui, da noi, siamo ancora all’Ottocento. Viviamo in un mondo capovolto, come se non ci interessasse quello che sta accadendo nel resto del mondo. Si percorrono e si vogliono cavalcare momenti irripetibili (più per l’insipienza di qualche dirigente Fiat per la verità) cercando nuove illusioni. In Spagna non è l’unico esempio di accordo quello sopra citato, senza clamore, senza proteste o dimostrazioni, fra aziende del settore auto e sindacato. E molte altre grandi imprese europee (Mercedes, Seat-gruppo VW, Opel e persino la nostra Iveco) continuano a produrre. Sindacati ed aziende si mettono d’accordo su salario e su produzioniflessibili. In America – continua Navazio – un recente servizio televisivo ha mostrato con immagini crudeli ciò che Detroit era diventata. Muri diroccati, serrande abbassate, vetrate infrante. Ma ha mostrato anche l’orgoglio dei sindacati statunitensi di credere in un rilancio. Hanno investito il loro fondo pensioni. I soldi che gli operai mettono da parte mensilmente. Li hanno affidati ad un sindacato che non ha voluto scommettere. Ci ha creduto, è diverso. Qui siamo , per fatuo ruolo, alla contrapposizione classica. Non la ricerca di una Mitbestimmung, da cui derivare contrattazioni sindacali e più elevati stipendi della classe operaia. Qui si cerca lo scontro. Non si vuole comprendere il momento. Ci si attacca ai diritti. Certo, ma ai doveri chi ci pensa? La maggior parte dei cittadini assiste a queste vicende con incredulità, non riesce a comprendere: oggi c’è del lavoro, viene richiesto uno sforzo, ci sono nuovi posti di lavoro che possono tradursi a tempo indeterminato, ma si continua ad innalzare la bandiera ideologica”.

“La lunga via percorsa – afferma l’esponente di Ial – dal fordismo ai robot, le trasformazioni tecnologiche e sociali all’interno degli stabilimenti storici del gruppo Fiat devono pur significare qualcosa. E’ più facile propagandare il conflitto sociale che la gestione degli interessi di chi impiega rischi e denari e chi partecipa con la fatica del lavoro. Viviamo in un tempo dove il segno tra democrazia e capitalismo, tra Stato e mercato non è più una sorpresa. Anzi, il compromesso socialdemocratico ritorna prepotentemente sulla scena. L’economia sociale di mercato come speranza. Con ‘realismo, fiducia e speranza’ dobbiamo assumere nuove responsabilità. La scelta è fra essere poveri nella consapevolezza della propria condizione storica ed antropologica da un lato o essere poveri nell’assoluta inconsapevolezza di ciò che è avvenuto, nella sorpresa dell’indicibile, e quindi soggetti a tutte le frustrazioni possibili, dall’altro. La storia – conclude Navazio – non si ripete mai due volte”.
 

    Condividi l'articolo su: