Il dovere della Regione è quello di tutelare la sua gente ed in tal senso occorre operare, rafforzando il ruolo e l’autonomia delle strutture preposte al controllo
"La storia infinita del termovalorizzatore Fenice, è una storia mai accettata dalle popolazioni del Vulture che, già dal decreto Via rilasciato dal Ministero dell’ambiente, avevano rilevato troppe prescrizioni e raccomandazioni. A leggere attentamente quelle prescrizioni e quelle raccomandazioni ci si rende conto che, forse, il vero obiettivo di quella autorizzazione era quello di non far realizzare quel tipo di impianto”. Ad affermarlo il capogruppo del Pdl in Consiglio regionale, Nicola Pagliuca, il quale sottolinea che “la caparbietà mostrata dalla Regione di andare avanti ad ogni costo e le rassicurazioni date alle popolazioni su azioni di monitoraggio sofisticate hanno consentito all’impianto non solo di andare in produzione ma anche di risolvere i problemi della incapacità programmatoria della Regione, bruciando per molti anni il rifiuto “tal quale” raccolto dai Comuni”.
“A chi scrive – afferma Pagliuca – non sfugge che il termovalorizzatore è dotato di due forni, uno per i rifiuti solidi pre-selezionati e l’altro per i rifiuti industriali. La prima domanda, per la verità più volte fatta anche in Regione, è volta a sapere se l’inquinamento delle falde è riconducibile all’azione del forno a griglia per i rifiuti urbani o a quella del forno rotante per i rifiuti industriali.
La seconda è quella relativa al sistema di monitoraggio che, in barba alle promesse fatte di rendere disponibili i dati per tutti i cittadini attraverso totem da mettere nelle piazze dei comuni, ha prodotto risultati omessi a qualsiasi forma di consultazione. La terza è quella di voler saper per quale motivo non si è operato con la dovuta trasparenza e per quale motivo si è risposto a ben 13 interrogazioni consiliari dicendo il falso sui dati riscontrati. A marzo del 2009, a fronte dei dati apparsi ed a seguito dell’ordinanza del sindaco di Melfi di divieto dell’utilizzo delle acque, avevo chiesto la chiusura del forno rotante che distrugge i rifiuti pericolosi”.
“Oggi – continua Pagliuca – alla luce di quanto è stato pubblicato e della mancata risposta a tutte queste domande, mi sento di chiedere una sola cosa: nelle more che si siano completate le opere di bonifica e si siano definitivamente individuate le cause dell’inquinamento la chiusura di Fenice. L’indignazione per quanto si sta riscontrando è altissima specie se si tiene conto che, in ultimo, il 31 maggio 2011, rispondendo all’ennesima interrogazione riguardante l’inquinamento di Fenice, l’assessore Mancusi rispondeva che “allo stato attuale dall’impianto Fenice non risulta il rilascio nel suolo, sottosuolo, acque superficiali e sotterranee di alcun refluo inquinante”.
“Il risultato ottenuto con le falsità sinora propinate ai lucani – sottolinea il consigliere – è la perdita di fiducia nelle Istituzioni che dovrebbero tutelare i cittadini e non gli interessi economici di qualcuno. Il dovere della Regione è quello di tutelare la sua gente ed in tal senso occorre operare, rafforzando il ruolo e l’autonomia delle strutture preposte al controllo. La commissione di inchiesta interna, annunciata da De Filippo, è insufficiente ed appare più come la palude in cui far affogare le responsabilità”.
“La politica – conclude Pagliuca – si assuma le sue responsabilità e non le deleghi a nessuno”.
Nicola Pagliuca