Venerdì 28 marzo nella chiesa di San Michele a Potenza, Pino Quartana, regista e attore dell’Officina Teatro Potenza, proporrà “Dante Vs Canticum” una lettura della Divina Commedia, soffermandosi sui canti XXVI dell’Inferno e XXXIII del Paradiso. Introdurranno don Carmine Lamonea e Paolo Albano. Commenterà don Cesare Mariano, presbitero dell’Arcidiocesi di Acerenza e docente di Nuovo Testamento presso l’Istituto Teologico di Basilicata del Seminario Maggiore di Basilicata. Concluderà mons. Davide Carbonaro, arcivescovo di Potenza-Muro Lucano-Marsico Nuovo.
Canto XXVI nel quale si tratta de l’ottava bolgia contro a quelli che mettono aguati e danno frodolenti consigli; e in prima sgrida contro a’ fiorentini e tacitamente predice del futuro e in persona d’Ulisse e Diomedes pone loro pene.
È affascinante la modernità e l’attualità di Dante che proietta in questo viaggio, oltre le colonne d’Ercole, il valore della conoscenza. Dante non giudica l’eroe greco temerario, gli affida il messaggio di una vita che vale se Ulisse rappresenta il simbolo dell’amore per la conoscenza, l’eroe che per il desiderio di sapere non ha esitato a spingersi oltre i limiti che nessun uomo aveva mai tentato di superare. Il suo viaggio terminerà tragicamente perché lui e i suoi compagni moriranno in fondo al mare a causa della tempesta. Dante scrive di un “folle volo” perché Ulisse, superando lo Stretto di Gibilterra, ha varcato il limite posto da Dio alle conoscenze umane ed è stato giustamente punito. Resta la memoria di un’impresa mai tentata prima in nome della volontà di scoperta, con l’animo pieno di audacia. Così le parole di Ulisse manifestano il sentimento di Dante che riconosce il valore della grande missione di Ulisse e proietta la sua impresa nell’orizzonte della sua vita spesa per il sapere, la verità, il coraggio.
Canto XXXIII, il quale è l’ultimo de la terza cantica e ultima; nel quale canto santo Bernardo in figura de l’autore fa una orazione a la Vergine Maria, pregandola che sé e la Divina Maestade si lasci vedere visibilmente.
L’ultimo canto del Paradiso e dell’intera Commedia non può che rappresentare il culmine dell’esperienza trascendente di Dante e il vertice della sua poesia. Il canto, che celebra la gloria della Trinità divina e il mistero dell’Incarnazione, tematizza anche, al massimo grado, lo sforzo dell’arte dantesca di adeguarsi, stilisticamente e contenutisticamente, per spiegare agli umani ciò che è impossibile descrivere: la visione finale – quasi a mo’ di folgorazione istantanea – del creatore dell’universo. Il canto è complessivamente diviso in due grandi parti: la prima con la preghiera di San Bernardo alla Vergine; la seconda si addentra nel mistero divino che Maria ha concesso al pellegrino di poter contemplare.