Il documento impegna il governo regionale ad istituire una “Breast unit”, cioè un centro di senologia multidisciplinare per la prevenzione e la cura del cancro al seno
Il Consiglio regionale ha approvato, oggi, all’unanimità una mozione del capogruppo del Pdl-Fi Michele Napoli con la quale si impegna il governo regionale ad istituire una “Beast unit” senologica, riferendo in quarta Commissione sull’evoluzione dell’istituzione prima dell’allocazione della struttura. L’obiettivo è quello di assicurare una gestione efficace ed efficiente del carcinoma della mammella incentrata sull’adozione di linee di indirizzo condivise, sull’appropriatezza delle prestazioni erogate nonché sull’interscambio di informazioni tecniche ed operative, in linea con le linee guida internazionali, secondo un modello organizzativo per il trattamento del tumore della mammella che è quello della rete, articolata in centri hub e spoke integrati in un unico percorso assistenziale nel rispetto delle direttive europee e delle linee di indirizzo sulle modalità organizzative assistenziali della rete dei centri di senologia approvate dalla Conferenza Stato – Regioni”.<br /><br />“La Basilicata – si legge nella mozione – è una delle tre regioni dove non è stata ancora attivata una struttura di questo tipo, che già dal 2003 il Parlamento europeo raccomandava agli Stati di costruire e per la quale più recentemente, nel 2014, la Conferenza Stato – Regioni ha approvato gli standard qualitativi sollecitando la presa in carico multidisciplinare delle pazienti con tumore alla mammella. Attraverso un simile approccio, basato sul lavoro coordinato di diverse figure professionali quali l’oncologo, il genetista, il nutrizionista, lo psicologo e l’infermiere specializzato, è possibile infatti costruire un percorso di cura, terapia e riabilitazione indirizzato specificamente alla persona, che anche grazie all’utilizzo di farmaci innovativi può ridurre del 10 per cento il tasso di mortalità per questa patologia”.<br /><br />Proposto inoltre “di incrementare ed estendere i programmi di screening rivolti alle donne di 18 anni, oggi escluse perché troppo giovani secondo i criteri di inclusione (49 anni secondo le linee guida nazionali e 45 anni in Basilicata) e che risultano essere più esposte in virtù delle evidenze scientifiche disponibili (familiarità, fattori ormonali, portatrici di mutazioni genetiche), di potenziare l’attività di prevenzione anche mediante adeguate campagne informative rivolte alle scuole e di assicurare l’esenzione dal pagamento del ticket alle donne portatrici di mutazioni patogenetiche dei geni BRCA1 e 2 che conferiscono un alto rischio di sviluppo di tumori e necessitano, pertanto, di una sorveglianza intensiva”.