L’esponente del M5s chiede di sapere “cosa ha fatto la Regione mentre si produceva il grave buco economico di 500 milioni di euro” e “cosa intende fare per estirpare la piaga del clientelismo politico e per assicurare maggiore trasparenza”
L’inchiesta avviata dalla procura di Trani sul crack sul crack da 500 milioni di euro della Congregazione Ancelle della Divina Provvidenza “è una vicenda sconcertante per diverse ragioni, ma soprattutto perché si tratta di una nuova conferma della cattiva pratica politica che coinvolge i partiti che amministrano questa Regione. L’inchiesta, infatti, mette ancora una volta sotto accusa il sistema politico regionale fatto di clientelismo e di favori politico”.<br /><br />E’ quanto afferma il consigliere regionale del Movimento cinque stelle Gianni Leggieri, per il quale “la vicenda riguarda anche i rapporti e i contenuti della convenzione tra la Regione Basilicata e la casa di cura di Potenza e poi i problemi che potrebbero ricadere sui pazienti e i lavoratori del presidio sanitario lucano. Secondo quanto emerso dalle notizie di questi giorni, infatti, la Congregazione Opera Don Uva era utilizzata all’occorrenza per l’assunzione di personale al solo fine di soddisfare interessi personali e/o di esponenti politici o sindacali”.<br /><br />“Sono diverse le ipotesi sottoposte all’attenzione dei magistrati e che andranno chiarite. In attesa che la magistratura compia il suo lavoro e che si concluda l’indagine e poi il processo”, afferma ancora Leggieri che ha presentato oggi un’interrogazione per sapere “cosa ha fatto la Regione Basilicata mentre si produceva il grave buco economico di 500 milioni di euro, oltre 350 dei quali costituiti nei confronti dello Stato”. “Ma soprattutto – aggiunge l’esponente del M5s – vogliamo sapere cosa intende fare la Regione Basilicata per estirpare questa piaga del clientelismo politico e per assicurare maggiore trasparenza nella gestione di tutte quelle strutture e quegli enti che vivono di continui rapporti economici e non solo con l’ente regionale”.<br /><br />“Secondo i magistrati di Trani – continua Leggieri -, l’approfondita analisi della gestione dell’Ente prima del commissariamento ha individuato le cause del crack nelle seguenti motivazioni: una gestione totalmente svincolata dai criteri di una corretta amministrazione aziendale, in cui per decenni è mancata persino una contabilità ed organi che controllassero la rispondenza ad economicità delle operazioni gestionali; una inesauribile serie di appropriazioni, sperperi, dissipazioni, forniture fuori mercato con contratti a tutto favore dei terzi ed ad tutto danno dell’Ente; assunzioni clientelari in momenti di crisi, allorché contemporaneamente si procedeva a consistenti riduzioni di personale per poter accedere agli ammortizzatori sociali previsti dalle norme vigenti; assunzioni di personale inutile oppure destinato a mansioni del tutto svincolate dalle professionalità richieste”.