L’intesa di massima raggiunto dalle quattro organizzazioni professionali del mondo agricolo (Coldiretti, Cia, Confagricoltura e Copagri) con le nuove proposte da presentare nell’ambito della riforma della Politica agricola comune a Bruxelles è salutata positivamente dalla Cia della Basilicata.
La Cia sottolinea – in un comunicato – che “nel Report mensile della Rete Rurale Nazionale (Agenzia del Ministero per le Politiche Agricole), aggiornata al 31 ottobre scorso, si registra un importo da spendere entro il 31 dicembre prossimo per il PSR 2007-2013 Basilicata che ammonta a 51,5 milioni di euro. In particolare l’Agenzia ministeriale ha ritenuto opportuno evidenziare la preoccupante staticità nell’andamento della spesa da parte della Regione Basilicata dove il rischio di disimpegno automatico è pari al 13,32% ed è il più alto tra le Regioni italiane. La staticità è legata all’ammontare di fondi FEASR a rischio che è pressoché identico già da qualche mese”.
Quanto al documento post Pac 2013 concordato dal mondo agricolo, nella nota, si sottolinea che “è un atto di responsabilità, anche alla luce della difficile situazione politica ed un punto di convergenza positivo su alcune scelte fondamentali”.
Sono sei i punti cardine del documento condiviso da Coldiretti, Confagri, Cia e Copagri, per ‘riscrivere’ la riforma della Politica agricola comune. Budget, ripartizione delle risorse, pagamenti diretti, agricoltore attivo, strumenti di gestione dei mercati e sviluppo rurale, sono i fronti comuni del documento presentato dalle organizzazioni agricole al Forum, in modo da aver maggiore possibilità di cambiare le carte in tavola a Bruxelles, senza offrire l’alibi dei contrasti interni. Nella ripartizione delle risorse degli aiuti diretti occorre utilizzare criteri oggettivi che combinino la superficie agricola utilizzata con occupazione agricola, produzione lorda vendibile e ambiente rurale. Superare con gradualità e flessibilità il criterio di calcolo dei pagamenti diretti imposto da Bruxelles suddivisi tra pagamento diretto, greening (misure per l’ambiente), aree svantaggiate, accoppiamento volontario. Sul fronte dell’agricoltore attivo è necessario che la definizione sia demandata allo Stato membro; in Italia l’imprenditore agricolo professionale si definisce in base al rapporto dell’incidenza complessiva del tempo e del reddito connessi al lavoro agricolo. Occorre poi rafforzare gli strumenti assicurativi e di gestione dei mercati, per quanto riguarda i danni provocati dalla crisi, la regolazione dei mercati, l’aggregazione del prodotto e l’organizzazione delle filiere. La politica di sviluppo rurale, infine, va razionalizzata e semplificata, potenziandola e finalizzandola all’innovazione e alla competitività delle imprese agricole; non ultimo semplificare le procedure gestionali e di accesso a tali misure che come sanno bene i produttori agricoli lucani rappresentano un grave ostacolo.
Il taglio complessivo degli interventi comunitari di circa il 25 per cento – è scritto nella nota – si ripercuoterebbe drammaticamente sulle produzioni tipiche del Sud e della Basilicata. Infatti sarebbero proprio le colture meridionali quali l’olivo e il vino a subire gli effetti negativi più gravi, in quanto la riforma introduce un aiuto di base legato semplicemente alla estensione dei terreni. Ma coltivare due ettari di pascolo in Germania è cosa diversa da coltivare due ettari di olive in Basilicata. Una vera assurdità che porrebbe seri problemi per gli agricoltori lucani, costretti a operare in un quadro sempre più difficile e senza i sostegni necessari per stare su un mercato che si presenta carico di molte insidie”.
BAS 05