Il business dell’agropirateria anche nella nostra regione raggiunge un giro di affari milionario, sottratti agli agricoltori autentici, e mette a rischio la salute dei consumatori. Oltre alla fragola del Metapontino “taroccata” in Spagna, sono vittime di agropirateria numerosi prodotti tipici lucani come il caciocavallo, il pecorino di Moliterno, i salumi di Picerno, l’aglianico del Vulture, l’olio delle colline del Materano, la farina di grano duro “senatore” del Materano, il peperone di Senise. Per dire “No all’economia dell’inganno”, una delegazione di produttori agricoli e dirigenti della Cia della Basilicata parteciperà domani a Bari al convegno nazionale promosso dalla Confederazione.
Un affare da 60 miliardi di euro l'anno, di cui un terzo realizzato solo con la contraffazione dei nostri formaggi di qualità. Questa la portata economica del business dell'agropirateria internazionale nei confronti del 'made in Italy'.
"La situazione – osserva la Cia lucana – è di estrema gravità. Ci troviamo di fronte a un immenso supermarket dell'agro-scorretto, del 'bidone alimentare', dove a pagare è solo il nostro Paese. E il danno, purtroppo, è destinato a crescere, visto che a livello mondiale ancora non esiste una vera tutela delle nostre 'eccellenze' Dop, Igp e Stg".
"Di fronte a questa 'rapina' giornaliera – continua la Cia – bisogna dire basta. Adesso servono misure “ad hoc” come l’istituzione di una task-force in ambito Ue per contrastare truffe e falsificazioni alimentari; sanzioni più severe contro chiunque imiti prodotti a denominazione d’origine; un’azione più decisa da parte dell’Europa nel negoziato Wto per un’effettiva difesa delle certificazioni Ue; interventi finanziari, sia a livello nazionale che comunitario, per l’assistenza legale a chi promuove cause (in particolare ai consorzi di tutela) contro chi falsifica prodotti alimentari.
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