Negli ultimi giorni, due figure di lucani emigrati in tempi diversi, ma recenti, sono balzati agli onori della cronaca. Due figure tanto diverse tra loro da essere assai simili nella caparbietà e nel tenere forti i legami con la terra d'origine.
E’ quanto si legge in una nota di Luigi Scaglione, Coordinatore Centro Lucani nel Mondo "Nino Calice".
Due figure, due storie diverse, due immagini da consegnare ai racconti ed alle storie che come Centro Lucani nel Mondo “Nino Calice” – si legge nella nota – stiamo approfondendo in vista della realizzazione ed apertura del Museo dell'Emigrazione Lucana al Castello di Lagopesole.
Donato Curcio, nato a Picerno e Giuseppe Ticchio, nato a San Fele. Il successo di un grande imprenditore emigrato negli States, ora a Buffalo, Donato Curcio, consacrato e portato agli onori della cronaca sportiva, grazie al successo della squadra di calcio del suo paese di origine, a cui aveva già donato uno stadio gioiellino e che sostiene con l'amore di un tifoso che vuole guardare lontano condividendo la gioia dei suoi successi economici con la sua gente senza passare come il ricco magnate che distribuisce dollari come caramelle. Dona un sogno anche e soprattutto ai più giovani e la Basilicata, già nel passato, lo ha celebrato degnamente e continuerà a farlo. Giuseppe Ticchio, storia operaista, emigrato in Svizzera, quando fare l'emigrato significava subire umiliazioni e rigidità nel rispetto delle regole, è stato eletto, nei giorni scorsi, con grandi consensi nel Comites della sua nazione. Una sorta di parlamentino ufficiale della rappresentanza italiana che lo vede premiato per il suo impegno in difesa della italianità e della lucanità.
I suoi scritti ai giornali di Basilicata, le sue continue relazioni attraverso lo sportello Basilicata, la sua lunga azione nella Federazione dei Lucani in Svizzera attraverso l'associazione di Whintertour, ne hanno fatto una pietra miliare della emigrazione lucana che si associa. A Curcio e Ticchio, il riconoscimento unanime del Centro Lucani nel Mondo, riferimento certo per le storie da raccontare nel futuro attraverso le immagini, i viaggi, le rotte dei migranti, che nel Castello di Lagopesole troveranno sicuramente spazio a monito di quanti, nelle storie degli immigrati di oggi, fanno emergere solo la vena razzista e non quella del cuore e dell'accoglienza.
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