“Le inutili polemiche scaturite intorno ai festeggiamenti per i 150 anni dell’unità d’Italia hanno generato i soliti inasprimenti politici, nonostante la preparazione dell'anniversario fosse già stata avviata con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri nell’aprile 2007, con il quale era stato anche istituito un Comitato interministeriale al quale affidare le attività di pianificazione, preparazione ed organizzazione degli interventi e delle iniziative legate alle celebrazioni.Non si può dunque immaginare una tale ricorrenza con scuole ed uffici pubblici aperti, sminuendone l’importanza e il senso storico. Si tratta di un sentimento, quello nazionale italiano, che parte da lontano, dalla fine del XVIII secolo, con l’arrivo delle truppe napoleoniche sulla nostra penisola, ma che tocca solo gli intellettuali del tempo esposti alle idee illuministiche”. Lo sostiene in un comunicato il capogruppo nel Consiglio comunale di Potenza Gianpaolo Carretta.
“Il sorgere di una coscienza nazionale – prosegue – non sarà un processo unitario, lineare o coerentemente definito e dovrà impiegare tempo, lotte e spargimento di sangue prima che venga riconosciuto come tale. Ci vorranno figure come Mazzini con la sua Giovane Italia a raccogliere le spinte patriottiche per la costituzione di uno Stato unitario e repubblicano, da inserire in una più ampia prospettiva federale europea; come Garibaldi a partecipare ai primi movimenti rivoluzionari in Piemonte che lo costringeranno a fuggire in Sud America, per poi guidare, anni dopo, la spedizione dei Mille; o come Cavour, statista in grado di muoversi sulla scena europea e di ottenere sostegni, anche finanziari, all'espansione del Regno di Sardegna. Ma soprattutto ci vorranno due Guerre d’Indipendenza, anti-austriache, a porre le basi per la costituzione del Regno d’Italia, nato nel biennio 1859-1861, da un’Italia divisa in sette Stati.
L’unione politica delle regioni del nord e del centro, confluite nel Regno di Sardegna, alle regioni meridionali, conquistate da Garibaldi e definitivamente sottratte ai Borbone, verrà formalizzata mediante il referendum del 21 ottobre 1860, e il 17 marzo 1861 il parlamento subalpino proclamerà Vittorio Emanuele II non re degli italiani ma «re d'Italia, per grazia di Dio e volontà della nazione».
Per il proseguimento dell’unificazione ci vorranno una Terza Guerra d’Indipendenza e la Prima Guerra Mondiale e le problematiche che ne scaturiranno, prima tra tutte la questione meridionale, nata dal depredare ricchezze al Regno delle due Sicilie da parte dei Savoia a favore della parte settentrionale del paese, e successivamente la crisi agraria che interesserà il Mezzogiorno, a partire dagli anni ’80 e che, inasprendo la povertà delle regioni meridionali, favorirà una massiccia emigrazione verso le Americhe, sono tematiche di cui si discute ancora oggi grazie ad istituzioni specializzate come la Svimez e l’Associazione Studi e Ricerche per il Mezzogiorno, che attestano in modo inequivocabile, che, a distanza di decine di anni, vi è ancora una questione inevasa, quella Meridionale, che è vicenda sociale e politica.
Solo dalla soluzione della “questione Mezzogiorno”, – conclude Carretta – l’Italia sarà un Paese unito, non solo formalmente ma sostanzialmente, a democrazia compiuta ed evoluta, e potrà candidarsi a modello Europeo e Mondiale”.
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