Blasi: “Serve rieducazione fondata sul rispetto”

La presidente della Commissione pari opportunità è intervenuta ad un incontro in occasione del trentennale della associazione Telefono donna

&ldquo;In questo particolare momento dell&#39;essere e sentirsi umani ed umane &egrave; necessario rilanciare il significato della parola rispetto, concentrandosi sul significato stesso della parola e della sua valenza nella vita di ogni giorno. Il linguaggio, partendo da una concezione semantica ha un ruolo fondamentale nella portata dei concetti e dei soggetti. Significato e significante permettono infatti il riconoscimento del segno. Una parola detta in un contesto pu&ograve; avere un significato, ripetuta in un altro pu&ograve; assumerne uno differente&rdquo;.<br /><br />Lo ha detto la presidente della Commissione regionale pari opportunit&agrave;, Angela Blasi, intervenendo all&rsquo;incontro promosso da Telefono Donna in occasione del suo trentennale.<br /><br />&ldquo;William James una volta disse : &lsquo;La persona che conosce una frase di dodici parole sa molte pi&ugrave; cose di dodici persone che conoscono solo una delle parole che compongono quella frase&rsquo;. Questa dichiarazione &ndash; ha detto Blasi – si riferiva ovviamente al fatto che la disposizione delle parole nella frase va ad influire sul significato della frase stessa. Quando valutiamo il significato di una parola, la parola stessa &egrave; collegata ad una serie di conoscenze, legate alle propriet&agrave; percettive ed alle relazioni con altri concetti similari e con le caratteristiche salienti di quei concetti. Questo insieme di informazioni, che sono quelle che possediamo per la maggior parte delle parole, vanno a formare i tanti temuti stereotipi. Stereotipi che permettono di riferirsi automaticamente ai concetti quando pensiamo o utilizziamo una determinata parola. Per sconfiggere la violenza &egrave; necessario superare questi stereotipi e l&#39;utilizzare un linguaggio corretto, rispettoso, attento al genere e responsabile, sarebbe un ottimo presupposto per combattere la violenza e per educarci al valore della differenza, per riconoscerci come persone&rdquo;.<br /><br />&ldquo;Oggi &ndash; ha continuato – ci battiamo per difendere i diritti delle donne, per contrapporci ad una cultura, ad una societ&agrave; che stenta a metabolizzare l&#39;uguaglianza e la parit&agrave;. La competizione diventa strumento e metodo che ci porta ad essere meno sensibili, a discriminare chi non riesce a stare al passo con il risultato di emarginarlo allontanandolo dalle necessarie tutele.&nbsp; Il linguaggio violento non fa altro che amplificare tale fenomeno e ad essere fonte di discriminazione e violenza.&nbsp; Contrastarlo con azioni positive &egrave; un dovere dell&#39;intera societ&agrave; ed un obbligo per gli organismi informativi. La Convenzione di Istanbul, infatti, con l&#39;art. 17 prevede una responsabilizzazione dei media per combattere la cultura della violenza. Il linguaggio di una parte di stampa &egrave; caratterizzato da un sessismo che alimenta la cultura di una violenza diffusa.&nbsp; Ridurre la donna a mero oggetto non fa altro che inserirle al posto pi&ugrave; basso della catena di potere; la mercificazione delle vittime, la vittimizzazione secondaria, sono il segnale di una sottovalutazione del fenomeno&rdquo;.<br /><br />&ldquo;Ben vengano allora &ndash; ha concluso Blasi – iniziative come quella proposta da Telefono donna , in occasione del suo trentennale sulle narrazioni sbagliate della violenza &lsquo;La narrazione tossica della violenza contro le donne&rsquo;, volte ad una informazione consapevole che deve partire da chi la fa e dalla consapevolezza che la nostra societ&agrave; necessita di una ristrutturazione ed una rieducazione fondata necessariamente sul rispetto in tutte le sue forme. La Commissione pari opportunit&agrave;, come ribadito durante l&#39;interessante incontro, si &egrave; fatta carico di questa rieducazione e continuer&agrave; a farlo&rdquo;.<br /><br />L.C.<br />

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