“La vertenza dei lavoratori della Rina – Sis apre un nuovo scenario nella lunga storia dei cambi di appalto di commesse e servizi Eni perché introduce un nuovo elemento a quello del rischio di perdita del posto, elemento che riguarda il cambio di contratto. Va pertanto aggiornato il comportamento di sindacati ed istituzioni per affrontare in maniera adeguata questa situazione”. E’ quanto afferma, in un comunicato stampa, il presidente dell’Associazione Bene Comune Viggiano Vittorio Prinzi per il quale “spostare l’attenzione sulla riduzione delle royalties, ad oggi dimezzate a seguito della sospensione di attività del Cova, non aiuta in alcun modo ad affrontare una problematica complessa che ha bisogno invece di una strategia a 360 gradi perché si occupi di lavoro esistente, di sviluppo economico e di risorse finanziarie da investire sul territorio. Fare invece “pressing occulto” su Regione e Comuni della valle e indirettamente su lavoratori e sindacati per favorire quanto prima la ripresa del Cova anche a costo di chiudere un occhio e magari entrambi sulla completa realizzazione delle prescrizioni imposte all’Eni nella messa in sicurezza dell’impianto e di conseguenza del territorio– dice Prinzi – risponde solo agli interessi della società petrolifera. Il risultato è avere più royalties delle attuali da spendere ma con la vecchia logica. E’ proprio la vertenza Rina-Sis a dimostrare che l’occupazione stabile e duratura nelle attività petrolifere è solo un’illusione. Anche se non va tralasciato nulla per salvaguardare, a denti stretti, i livelli occupazionali attuali non vanno in alcun modo sottovalutati o messi in secondo piano i principi del rispetto delle popolazioni e della loro salute e dell’impiego proficuo della risorsa petrolio per dare alle popolazioni un futuro “sano” e rispondente alle loro attese di sviluppo e lavoro. Alla base un “punto fermo”: se prima non avevamo la piena consapevolezza di cosa significasse l’attività estrattiva e l’abbiamo affrontata senza competenze e strumenti idonei oggi abbiamo la piena consapevolezza che senza tale attività non potremmo sopravvivere, perché sono tanti i posti di lavoro cui dovremmo rinunciare. E’ la medesima consapevolezza che negli anni Novanta ci indusse a scegliere la via petrolio, ben sapendo che sarebbe stata una risorsa in più da aggiungere alle altre del territorio, anzi addirittura una risorsa che avrebbe potuto e dovuto aiutare le altre a crescere e svilupparsi. Dunque una marcia in più, poiché con le risorse allora disponibili scarso sarebbe stato il risultato nel rincorrere il tanto sognato sviluppo. Sediamoci attorno ad un tavolo e rinegoziamo con la “bestia” a sei zampe, tornando allo spirito e al protocollo del 1998, visto che l’ENI mostra tutto l’interesse ad investire in Val d’Agri e questo senza aut aut o dualismi, salute o lavoro, ambiente o intossicazione, arretratezza o sviluppo, perché rispettando le regole si possono tenere insieme gli interessi dell’ENI e per una risorsa che non è nostra ma della comunità nazionale, e quelli del territorio che rivendica lavoro e sviluppo. Gli appelli di provenienza Confindustria sulla strategicità del petrolio lucano – conclude Prinzi – sono sempre rispondenti alla logica del pressing occulto”.
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