Arcicaccia e Italcaccia su prelievo controllato del cinghiale

"Abbiamo letto alcuni giorni addietro un comunicato del Consigliere Gianni Rosa riguardo la questione del prelievo controllato del cinghiale, dei danni e del cane limiere da utilizzare per la cosiddetta “girata ristretta”.
Vorremmo provare a dare un nostro contributo nella speranza di fare chiarezza nel merito delle questioni trattate dal Consigliere Rosa, con la speranza che possa essere utile anche ad altri politici che vorranno approfondire l’argomento". Lo dichiarano in una nota congiunta Alfonso D'Amato ( presidente regionale Arcicaccia) e Alessandro Ferrara ( presidente regionale Italcaccia).
"Concordiamo – continuano –  che vi è una emergenza cinghiali e che è necessario intervenire subito e con più incisività. Però su questo è bene fare qualche riflessione: l’emergenza cinghiali, a nostro avviso, è dipeso da una mancata e oculata gestione delle aree protette che in Basilicata, più di altre regioni, si sono voluto istituire. Il cinghiale cacciato in tutto il territorio ha trovato rifugio nelle aree interdette alla caccia e qui ha proliferato in maniera eccessiva, considerato il gran numero di ettari di territorio protetto;
Sappiamo meglio di chiunque altro che i nostri agricoltori subiscono danni ai loro raccolti, anche perché detti danni, nelle aree libere (non protette) vengono pagate dagli ATC con i contributi dei cacciatori e non con i fondi della tassa di concessione regionale, come la legge prevede. Sappiamo anche che la stragrande maggioranza dei danni alle colture avviene nelle aree protette e in quelle immediatamente limitrofe e questo doveva essere preso in considerazione già da tempo con interventi mirati di contenimento all’interno di esse;
Concordiamo col Consigliere Rosa sulla “necessità di un’ azione più sinergica tra i vari attori istituzionali a partire dagli Enti gestori delle aree naturali protette, gli organi di gestione dell’attività venatoria (Aa. Tt. Cc.), le Associazioni di categoria (venatorie, agricole ed ambientali) nell’applicare tutti gli strumenti di cui sono stati dotati per fronteggiare la situazione ad oggi emergenziale”.
Ma vede On. Rosa, che queste sono le cose che noi diciamo da tempo ma che i suoi probabili amici dell’Osservatorio Faunistico Regionale, hanno sempre cercato di evitare per tenere fuori dalle decisioni e dalla discussione le Associazioni Venatorie. Hanno provato ad “usare” i cacciatori baipassando le Associazioni loro di appartenenza. Questo ha creato solo caos e nessun risultato concreto poiché i nostri iscritti, abituati ad essere informati e seguiti, non essendo stati adeguatamente informati né coordinati, non avendo indicazioni certe dalle Associazioni (perché non eravamo al corrente neanche noi di quello che erano le intenzioni dell’ufficio regionale/Osservatorio) hanno preferito non partecipare.
Perciò concordiamo con Lei quando dice di registrare che tutte le azioni fin qui messe in campo non hanno dato esiti positivi.
A questo possiamo aggiungerci che le attività poste in essere dall’allora Ufficio/Osservatorio (che erano impropriamente e erroneamente, la stessa cosa) relativamente al controllo della specie cinghiale, erano talmente superficiali che, tra le altre cose, neanche si posero il problema delle autorizzazioni dei proprietari delle aree su cui intervenire con le postazioni fisse (di fatti qualche selecontrollore fu cacciato via) né, e questo è ancora più grave, delle eventuali coperture assicurative che questi interventi richiedevano. Insomma se qualcuno nell’espletamento del selecontrollo s’infortunava o peggio, chi pagava? Forse la Regione che li aveva convocati e mandati a svolgere detto “servizio”?.
Siamo seri e vediamo di affrontare seriamente, nell’interesse di tutti, ed in primis del mondo agricolo, la questione, non trascurando, però, che le Associazioni hanno l’obbligo di tutelare e salvaguardare i propri associati.
Per tutto il resto, Consigliere Rosa, non siamo molto d’accordo e le spieghiamo il perchè:
l’Osservatorio Faunistico Regionale, che a nostro avviso ha dato i numeri sulla presenza del cinghiale in Basilicata, come ha ottenuto certi numeri? Come ha fatto (se lo ha fatto) i censimenti? Ha l’Osservatorio
regionale le competenze tecniche e scientifiche per fare ciò? Chi ha validato i dati che, a nostro avviso, NON scientificamente sono stati prodotti?
Le basti sapere che alla presentazione di tali risultati, l’Osservatorio ha dichiarato che il dato 123 mila presenze di cinghiali poteva non essere molto attinente poiché vi era stato un errore di valutazione e cioè che le fatte censite non venivano distrutte man mano che avvenivano i controlli e che quindi, potevano essere state contate e ricontate e che effettivamente le presenze potevano anche essere di 60 mila.
Ora Lei capisce che portare il dato da 120 mila a 60 mila non dà alcuna certezza sul metodo e su chi ha dato certi numeri. Potrebbero effettivamente essere anche 30 mila, o 20 mila, non Le pare?.
Una approssimazione che riteniamo molto dannosa per la risoluzione del problema.
L ’Osservatorio Faunistico Regionale dovrebbe essere un organismo importante che dovrebbe scientificamente produrre tutte le indicazioni necessarie per una buona gestione del territorio. La predisposizione del calendario venatorio con relative indicazioni di specie, date e quantità da prelevare, censimenti, piano faunistico, ripopolamenti e prelievo selettivo, dipendono dalle esatte indicazioni di questo organismo che, ripetiamo, deve avere competenze scientifiche, con funzionari laureati in materie pertinenti e specializzati nella materia faunistica.
Purtroppo abbiamo appreso che nelle declaratorie delle P.O. che si stanno per assegnare in questi giorni, per l’Osservatorio non è previsto neanche la Laurea.
E veniamo alla tecnica della girata di cui Lei fa cenno nella Sua nota del 22 giugno: il disciplinare per l’esercizio del prelievo controllato del cinghiale, lì dove è stata prevista la tecnica della girata ristretta con l’ausilio del cane con qualifica di “limiere” chi lo ha redatto? L’Osservatorio che era dentro appieno e che, crediamo, possa aver curato la stesura del disciplinare, forse non era al corrente che detti cani, con detta qualifica di limiere, in Basilicata non ve ne erano?
O lo sapevano fin troppo bene, tant’è che quasi tutti i certificati di qualifica a cane limiere sono stati rilasciati successivamente proprio da un componente dello stesso Osservatorio? Naturalmente, ci hanno riferito, dietro compenso e nella qualità di responsabile regionale di un’associazione sportiva che di cani da caccia e di qualifiche nulla ha a che vedere?. Tant’è, ci hanno riferito, che sono state rilasciate qualifiche a chiunque ne ha fatto richiesta.
Il disciplinare, in merito alla girata ristretta prevede l’impiego del “cane limiere abilitato dall’ENCI o da altro ente legalmente riconosciuto”.
Ora sappiamo che l’ENCI (Ente Nazionale della Cinofilia Italiana) è Ente di emanazione del Ministero delle Politiche Agricole ed è sotto il controllo di questi, che ha delega dallo stesso a detenere i libri genealogici delle specie canine e che da sempre è unico abilitato, mediante prove di qualificazione con giudici esperti, al rilascio delle qualifiche.
La domanda è: altro ente legalmente riconosciuto può essere anche la sezione dell’AVIS o l’Associazione Bocciofila o l’associazione di danza sportiva? Potranno mai questi altri enti qualificare detti cani limiere?.
E’ dunque corretta l’interpretazione che hanno dato le commissioni insediatesi in seno agli ATC relativamente alla regolare abilitazione del cane limiere!?.
Non deve sembrare questione di poco conto, né si deve pensare che poco importa poiché l’importante è fare le girate ristrette per ridimensionare la specie, perché così non è. Se i cani non si comportano come il limiere che deve rintracciare il cinghiale, lo deve abbaiare a fermo e attendere l’arrivo del cacciatore e poi deve ritornare al richiamo del conduttore; se i cani sono segugi che seguitano fino allo stremo, si verificherà che questi andranno a prendere i cinghiali dove sostano abitualmente, quasi sempre in aree protette, e li
spingeranno su tutto il territorio. La conseguenza sarà che i danni non si registreranno in gran parte nelle aree protette e limitrofe ad esse, ma su tutto il territorio regionale.
A nostro avviso, la girata ristretta con l’ausilio di veri cani limiere, la si dovrebbe fare nelle aree protette e non sul territorio libero in quanto in esso pochi sono i capi che vi sostano, poiché sono già cacciati tutto l’anno dalle centinaia di squadre di cacciatori cinghialai. Inoltre, farlo con cani non idonei, in questo periodo in cui molte scrofe sono gravide, significa spingere anche i capi che sostano in territorio libero in posti più sicuri, nelle aree protette, per qui rimanerci a partorire ed è qui che i piccoli verranno allevati ed è qui che ritorneranno sempre.
Infine, avendo verificato la cattiva gestione della materia in seno al dipartimento Ambiente, – concludono D'Amato e Ferrara –  riteniamo giusto e salutiamo con entusiasmo la decisione del Governo regionale di trasferire le competenze relative alla caccia e alla pesca al Dipartimento Politiche Agricole e Forestali. Siamo fiduciosi che dette attività che vengono svolte sui terreni degli agricoltori e che vedono molti di essi tra le file dei cacciatori e pescatori, possano essere messe in sinergia su uno stesso tavolo, con scelte sicuramente più realistiche e condivise che non tarderanno a produrre concreti e auspicati risultati".

Bas 05

    Condividi l'articolo su: