Ad iniziativa dell’Università degli Studi della Basilicata e della Deputazione Lucana di Storia Patria, in collaborazione con il Comune di Potenza, si terrà domani, mercoledì 14 marzo, alle ore 17.00, nella Sala degli Specchi del Teatro Francesco Stabile di Potenza, la presentazione del volume "Tra capitalismo e amministrazione. Il liberalismo atlantico di Nitti (Bologna, Il Mulino, 2017).
Interverranno i proff. Fulvio Cammarano (Università degli Studi di Bologna), Antonio Lerra (Università degli Studi della Basilicata, Presidente della Deputazione Lucana di Storia Patria), Donato Verrastro (Università degli Studi della Basilicata).
Sarà presente l’autore, prof. Michele Cento (Università degli Studi di Bologna).
Il volume, risultante di una ricerca promossa dall’Istituto italiano per gli studi storici, ricostruisce, attraverso una ricerca originale, i caratteri della rivoluzione liberale di Francesco Saverio Nitti, l’economista lucano che, prima di “diventare” deputato, ministro e presidente del Consiglio, avviò il processo di rinnovamento del liberalismo, aprendolo all’influenza del socialismo e delle scienze sociali. Contro gli arroccamenti del liberalismo italiano alle prese con le rivendicazioni delle masse popolari e lavoratrici, egli individuò nel conflitto sociale tra interessi organizzati la porta d’accesso alla modernità e alla democrazia.
In questo senso, Nitti rappresenta la voce italiana di un liberalismo atlantico che riforma se stesso per assorbire e governare le trasformazioni che, a cavallo del Novecento, accompagnarono la diffusione "transoceanica" del capitalismo industriale, della società di massa e dello Stato amministrativo.
Il suo pensiero politico, non destinato a rimanere sulla carta, tra età giolittiana e prima guerra mondiale si tramuta in quella che Antonio Gramsci ha definito con il concetto di "filosofia dell’azione". In questo passaggio, però, lo slancio democratico va via via scemando, per lasciare il posto a un’idea di democrazia industriale in cui gli imperativi dell’organizzazione razionale del capitalismo prendono il sopravvento sulle promesse di emancipazione e liberazione della totalità degli individui.
In questa fase, cioè, la rivoluzione liberale viene sempre più affidata a un’amministrazione di tipo nuovo, che sfonda il confine tra pubblico e privato, per meglio adattarsi alle esigenze di una società che, dopo la mobilitazione totale della guerra, entra in una crisi di governabilità. Esplodono così le contraddizioni interne a un liberalismo che non è più in grado di coniugare sul piano discorsivo e pratico la promessa di liberazione universale degli individui con le esigenze della disciplina sociale della produzione.
In queste contraddizioni si insinuerà il fascismo, che si innesta sul flusso modernizzatore messo in moto da un liberalismo riformato, annichilendo, però, la pretesa di libertà con cui si era aperta l’età della socialità.
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