Napoli (Pdl) su 5 per mille Irpef a favore volontariato

Per il consigliere regionale “valorizzare il cosiddetto ‘terzo settore’ non rappresenta per lo Stato un costo ma un investimento”

“La decisione del Governo di ripristinare il finanziamento del 5 per mille Irpef a favore del volontariato e della ricerca è senza dubbio lodevole e risponde ad una esigenza unanimemente sentita dalla società civile italiana”. Lo sostiene il consigliere regionale del Pdl, Michele Napoli che sottolinea come “il provvedimento, varato dall’ultimo Consiglio dei Ministri del 23 dicembre e contenuto nel decreto legge “Milleproroghe”, comporterà complessivamente per la cosiddetta ‘Italia del bene’ un contributo economico di 400 milioni, di cui 100 a favore dei malati di sclerosi amiotrofica”. “Provvedimento che – continua Napoli – è stato accolto con soddisfazione dal Presidente del CSVnet (Coordinamento nazionale dei centri di servizio per il volontariato) Granelli, il quale ha sottolineato l’importanza di attribuire ai cittadini la facoltà di scegliere a chi devolvere il 5 per mille delle proprie tasse”.

“L’importanza del provvedimento governativo – afferma il consigliere del Pdl – deriva dal fatto che già alla fine del secolo scorso la maggior parte delle forze politiche aveva preso coscienza della assoluta necessità di superare lo Stato sociale, entrato in crisi alla fine degli anni novanta in virtù dei molteplici compiti che lo Stato aveva assunto nel settore dei servizi sociali e della contemporanea scarsezza di risorse economiche destinate al finanziamento degli stessi. Superamento dello Stato sociale che si sarebbe dovuto realizzare attraverso il riconoscimento anche agli organismi privati della possibilità di operare nei settori sociali di interesse collettivo e, quindi, devolvendo agli stessi privati quelle attività di interesse generale che originariamente venivano svolte esclusivamente dallo Stato. Si tratta, insomma, di quel processo politico-economico che gli storici definiscono come il passaggio dal Welfare State al Welfare Community, un passaggio che in un certo senso si presenta come una scelta obbligata dal momento che bisogna necessariamente porre un argine al dilagare della spesa sociale dello Stato per evitare la bancarotta dello stesso. Processo che viene sviluppato sia dalla legge Bassanini del 1997 sia dalla legge quadro sull’assistenza del 2000 nelle quali si comincia a parlare di ‘esternalizzazione dei servizi sociali’ in vista della creazione di un servizio integrato (pubblico-privato) di servizi sociali e che viene definitivamente realizzato dalla legge costituzionale n. 3 del 2001 che, modificando il Titolo V della Costituzione, introduce all’articolo 118 della Costituzione stessa il principio della sussidiarietà orizzontale statuendo che ‘Stato, Regioni, Città metropolitane, Province e Comuni favoriscono l’autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà’ e quindi teorizza la devoluzione ai privati di attività di interesse generale”.

“Valorizzare, dunque, il cosiddetto ‘terzo settore’ (cioè enti non commerciali, onlus, enti ecclesiastici e le diverse identità che, di volta in volta , può assumere il variegato universo degli enti a fini solidaristici) – conclude Napoli – non rappresenta per lo Stato un costo ma un investimento, dal momento che si presenta come l’unica speranza per produrre, con costi limitati ma con effetti moltiplicatori quasi illimitati, la massa crescente di servizi sociali di cui abbiamo e avremo sempre più bisogno”.

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