Prezzi del grano duro lucano in picchiata e comunque non remunerativi; rafforzare i rapporti di filiera, arrivando ad accordi interprofessionali; costituzione di una “cabina di regia” per controlli sia nella fase di importazione che in quelle di trasformazione e commercializzazione. Sono questi alcuni degli aspetti emersi dalla riunione del Gie-Gruppo di interesse economico cereali della Cia-Confederazione italiana agricoltori la quale ha anche evidenziato la necessità di garantire nella Pac la specificità del grano duro, per meglio affrontare e focalizzare i problemi del comparto.
I prezzi pagati ai produttori lucani si aggirano tra i 14 e i 18 euro al quintale per il grano duro. Addirittura più bassi di venti anni fa quando le quotazioni erano di 50mila lire al quintale, pari a 25,82 euro. Gli ettari seminati nel 2009 sono diminuiti di circa il 30 per cento rispetto al 2008 e c’è il rischio fondato di un ulteriore calo. A questa già drammatica situazione va ad aggiungersi la decisione Ue di correggere al ribasso i dazi all’import di grano duro, azzerando, addirittura, quelli per le produzioni di alta qualità, proveniente da Paesi terzi.
La Cia di Basilicata – spiega in un comunicato – in proposito rivendica l’adozione del Piano cerealicolo regionale in sinergia con il Piano nazionale; una nuova disciplina regionale che favorisca l’aggregazione delle produzioni; un programma di insediamento agro-industriale; un progetto per il potenziamento della ricerca e dell’innovazione e di sostegno all’introduzione di varietà; la definizione del marchio a tutela del pane e della pasta made in Lucania.
Un settore, quindi, in grave affanno che ha necessità di nuove politiche che diano reali sostegni alle imprese agricole che non possono continuare ad operare nell’incertezza più profonda e in un sistema competitivo che sta fiaccando sempre più i produttori italiani. Da qui l’esigenza -è stato sottolineato nel corso della riunione del Gie cereali- di rendere più saldi e producenti i rapporti di filiera e di lavorare in maniera seria per cercare di raggiungere efficaci accordi interprofessionali che permettano di tutelare e valorizzare il “made in Italy”. Dunque, un chiaro invito all’industria molitoria per avviare un confronto costruttivo. Un problema, questo, che sarà al centro del dibattito che caratterizzerà la prossima Conferenza economica promossa dalla Cia a Lecce per il 7 e l’8 ottobre.
E’ stato inoltre denunciato che sui mercati della Basilicata è presente grano proveniente soprattutto dall’Ucraina, dal Kazakhistan, dall’Australia, dal Canada e dal Messico, che viene scaricato al porto di Bari, e dalla Turchia, attraverso l’interporto di Foggia, mentre per la pasta prodotta in Italia -sottolinea la Cia – vengono impiegati grani duri per il 50-60 per cento di origine estera, con seri problemi di qualità e sanità del prodotto.
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