Buccico compie 70 anni, gli auguri di Vincenzo Viti

Il capogruppo del Pd, in una nota, tratteggia la figura dell’uomo, del senatore, del già sindaco di Matera

“Emilio Nicola Buccico compie 70 anni. Un traguardo provvisorio osservato con distacco e con ironia, com’è avvenuto per tutte le sequenze di una vita troppo regolare per apparirgli degna di celebrazioni, salvo che per quegli incidenti occorsigli contro la sua natura profonda: l’elezione in Parlamento, fra i Senatori della Repubblica vissuta sontuosamente come un approdo onorifico e la finestra biennale da Sindaco di Matera, ch’era e rimane un sogno non compiutamente appagato.
Ne scrivo con qualche persistente pudore, poiché gli sono da sempre amico in una città che incarta le relazioni in una patina di soffice ipocrisia, non apparendole vero che percorsi di vita, sensibilità, attitudini, finanche affinità elettive (se volessimo scomodare aforismi pregiati) possano risultare valori rispettabili, costruiti su autentiche diversità, su vere dialettiche intellettuali e civili e su approdi politici opposti, senza che essi degradino in derive tribali. Più di mezzo secolo, così. Ma voglio dirla tutta.
Non è stato semplice costruire (e custodire) l’ossimoro di un’amicizia nutrita di rispetto e di dissonanze, di sentieri di lettura a volte conflittuali, in lui così legati al “nomos della terra”, alla saga di un territorio spirituale e sentimentale battuto dalle origini, anche se aperto a sincere tentazioni eretiche. In me, invece, sentieri più levigati, meno accesi di passioni estreme, di pensieri rutilanti, di impazienze verbali, di incontinenze trancianti. Un’altra natura.
E forse in questa nostra natura così diversa, eppure così omologa nel condividere le certezze (e i dolori) di culture che hanno attraversato il novecento, sta il segreto di un rapporto che dura e che meraviglia (o inquieta) chiunque si sia esercitato nella nobile arte di chiedersi cosa mai si nasconda dietro un sodalizio così scandalosamente innocente.
A Buccico voglio dire, alla svolta dei suoi settant’anni (prossimi anche per me), quanto sia importante, nel tempo dei provvisori consuntivi, guardarsi con indulgenza applicando quella virtù sconosciuta e poco amata che è l’umiltà. Sorridere di qualche albagìa, di qualche ostinata, non so se aristocratica ostilità e di qualche sanguinosa intemperanza, dell’ostentazione di quel carisma ironico e icastico mirato a scandire le distanze: tutti ingredienti di una maschera straordinaria che è stata amata e avversata nelle mutevoli corsie della professione e della vita politica.
Non credo ve ne sia un altro così. Almeno per me, in questa vita che mi è toccato di vivere. E così ho inteso raccontarlo in una ricorrenza che va sottolineata e festeggiata.
Se un personaggio “longanesiano”, maneggiatore abile di aforismi, figlio d’arte (per aver ereditato il gusto per la leggerezza della parola e per la sua volatile, ambigua ferocia) ha attraversato settanta anni in una città anfibia, qual è quella immaginata da Calvino, allora qualcosa è giusto che rimanga.
A futura memoria”.

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