“La fine del rapporto di lavoro per una trentina di operatori dell’Apof-Il di Potenza, il futuro incerto per alcune decine di operai dell’Eugea Mediterranea di Lavello – dichiara il consigliere regionale di Sinistra Ecologia Libertà, Giannino Romaniello – sono solo gli ultimi casi dello stillicidio di posti di lavoro in Basilicata alla vigilia di questo Primo Maggio che si carica di tanti significati, a partire da quelli scelti da Cgil, Cisl, Uil con la manifestazione nazionale di Rosarno su lavoro, legalità e solidarietà. Intanto la priorità riguarda il lavoro che non c’è e che come segnala l’Istat, in Basilicata riguarda il 38,3% dei giovani iscritti alle liste di collocamento (ma sono molti di più i disoccupati che non si rivolgono ai Centri per l’Impiego) e un tasso di disoccupazione (anche questo al di sotto della realtà) dell’11,2% mentre quello femminile sfiora il 14%”.
“Il sindacato manifesterà a Rosarno – continua Romaniello. La città calabrese non è un luogo qualsiasi. Ha conosciuto nei mesi scorsi la ribellione degli immigrati contro la violenza che subiscono quotidianamente; ha visto dove porti l’intreccio micidiale tra criminalità, caporalato, indegno sfruttamento della manodopera migrante. Un luogo simbolo per l’intero Mezzogiorno che ricorda per alcuni aspetti Palazzo San Gervasio dove si concentrano alcune centinaia di lavoratori immigrati in occasione della raccolta del pomodoro e dove si ripetono da anni i problemi di accoglienza ed ospitalità insieme al mancato rispetto del contratto di lavoro degli operai agricoli”.
“Questo Primo Maggio segna il quarantennale dello Statuto dei diritti dei lavoratori – precisa l’esponente Sel – e dunque un’occasione in più per difenderlo dagli attacchi di Confindustria e Governo. La materia del licenziamento è stata espunta dal nuovo testo uscito dalla commissione lavoro della Camera, ma questo resta del tutto insufficiente per rispondere positivamente ai rilievi mossi nel puntuale e puntuto messaggio con il quale il Presidente della Repubblica aveva rinviato il testo al legislatore. La rinuncia forzata al giudice non diventa meno incostituzionale se si esclude il licenziamento, poiché la Costituzione stabilisce che ‘tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi’ e questi possono riguardare qualunque tipo di controversia sorta nel rapporto di lavoro. Né lo spostamento di tale rinuncia dal momento della stipulazione del contratto di lavoro al superamento del periodo di prova è sufficiente per porre il lavoratore al riparo da ogni ricatto, permanendo la sua condizione di maggiore debolezza rispetto alla controparte”.
“Il ministro Sacconi ha già annunciato un ‘nuovo statuto dei lavori’ che sostituirà la legge 300 – afferma Romaniello. Non basterà scavare trincee. Bisogna dotarsi di una proposta contraria ma altrettanto ambiziosa. La presentazione da parte di esponenti del Partito democratico di una proposta di legge sul contratto unico di ingresso (raccogliendo un’idea di Tito Boeri) non mi pare però sufficiente. Da un lato, essa testimonia la fine di un’illusione sull’uso della flessibilità, ampiamente coltivata nella sinistra mentre a milioni crescevano i precari, e quindi riapre positivamente la discussione, anche sul salario minimo. Dall’altro lato va rilevato che la sospensione della tutela reale contro i licenziamenti (cioè il diritto alla reintegra) per tre anni appare un periodo troppo e inutilmente lungo; la mancata soppressione delle esistenti figure di lavoro precarie un controsenso; la determinazione di una soglia stipendiale per decidere chi ha un rapporto di lavoro a progetto e chi no, un assurdo”.
“Perché allora – conclude il consigliere regionale di Sinistra Ecologia Libertà – non tornare alla proposta che venne elaborata dalla Cgil, che con più coerenza e rigore si proponeva la ricomposizione del mondo del lavoro, smascherando il finto lavoro autonomo in base alla natura del rapporto di lavoro e non alla misura della sua retribuzione?”